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Stellantis: altro che fusione, Peugeot ha comprato FCA, ecco la tesi

Ecco spiegato il perché in Italia gli stabilimenti Stellantis sono in sofferenza, comandano i francesi.

Termoli Stellantis

A dire il vero qualche sentore molte persone, soprattutto le più attente, lo avevano già avvertito fin dalle origini di Stellantis, cioè dai primi giorni di quella che è stata chiamata fusione.

Si, perché Stellantis è una grande azienda dell’Automotive che nasce a seguito della fusione di PSA ed FCA, cioè dei due principali costruttori di auto di Francia e Italia. Ma siamo sicuri che quello che oggi rappresenta il quarto produttore di auto al Mondo, sia nato da una fusione alla pari tra due aziende? Un dubbio lecito questo, soprattutto vedendo l’andazzo che molti stabilimenti italiani del gruppo stanno avendo da diversi mesi a questa parte.

Un andazzo non certo positivo e soprattutto diverso dagli altri siti produttivi che Stellantis ha in giro per il Mondo e anche in Europa. E c’è chi parla di acquisizione e non di fusione, perché qualcuno asserisce che PSA, società francese del settore Automotive, titolare di noti marchi di auto come Peugeot, Citroen e Opel, abbia di fatto acquistato se non tutto, quanto meno il potere decisionale di Stellantis. In pratica gli italiani di Fiat Chrysler Automobiles (FCA), hanno ceduto ai francesi la leadership. Lo conferma anche un articolo dell’Avanti, noto e storico quotidiano socialista.

Anche le carte confermano la differenza di peso tra Italia e Francia in Stellantis

Noi di Clubalfa più volte abbiamo trattato di Stellantis e delle varie problematiche che gli stabilimenti italiani stanno vivendo e attraversando. E diverse volte abbiamo avanzato dubbi sulla nascita di Stellantis per fusione tra FCA e PSA, riportando anche il pensiero di noti esponenti politici quali Romano Prodi o Giorgia Meloni, che nonostante siano agli antipodi politicamente, su Stellantis la pensano allo stesso modo spingendo più verso la teoria dell’acquisizione francese che non della fusione.

Mai però avevamo approfondito il campo come adesso e come fa il quotidiano Avanti che sottolinea come anche i documenti attestino che si tratta di acquisizione e non di fusione. In pratica la nascita di Stellantis che era passata come una fusione alla pari tra PSA ed FCA, sarebbe una autentica operazione di acquisizione dei primi sui secondi.

Il castello di carta è subito crollato e parliamo della prospettiva di crescita di tutti gli stabilimenti italiani che intravedevano nel neonato colosso dell’Automotive una opportunità più unica che rara. Stabilimenti italiani che venivano da anni di cassa integrazione, anzi da decenni visto che per esempio a Mirafiori sono 14 anni che si continua ad utilizzare gli ammortizzatori sociali.

Ciò che molti attenti osservatori hanno subito accertato è che anche i giornali esteri fin da subito hanno iniziato a parlare di acquisizione e non di fusione. E la parte che acquisiva era quella francese di PSA. E nei documenti di Stellantis si evincono dati che confermano di fatto questa tesi. Infatti basta guardare al Consiglio di Amministrazione (il CDA) di Stellantis, dove la componente originaria di PSA è formata da 6 membri mentre di provenienza FCA ne abbiamo solo 5. E poi Carlos Tavares è un manager che viene da Peugeot, così come Jean Philippe Imparato, CEO di Alfa Romeo è anch’esso proveniente da PSA.

In altri termini, come anche l’Avanti asserisce, la guida operativa di Stellantis pende nettamente dalla parte della Francia e “a pagina 108 del prospetto di quotazione del nuovo gruppo si legge che a fini contabili il management di FCA e PSA ha determinato che Peugeot è l’acquirente”.

In Italia Stellantis investe o smobilita?

E arrivando ai giorni d’oggi, tra la fine di giugno e l’inizio di luglio abbiamo avuto diverse novità su Stellantis e sugli stabilimenti italiani del gruppo. Il 15 giugno c’è stato un summit al Mise, cioè nella sede del Ministero dello Sviluppo Economico a Roma. Presenti oltre ai sindacati più rappresentativi, anche i vertici aziendali e pure rappresentanti del governo, primi tra tutti il Ministro del Lavoro Andrea Orlando e quello dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti. Dal summit sono uscite cose molto importanti, che i presenti hanno fatto passare per una svolta epocale volta verso l’espansione e non la riduzione delle attività. I presenti hanno fatto passare questo risultato, ma sul quale molti avanzano dubbi che vengono confermati dalla realtà.

A Melfi per esempio, dal 2024 Stellantis ha deciso di procedere alla costruzione di auto elettriche di 4 diversi marchi del gruppo, in teoria, tutti i marchi FCA, cioè Lancia, Fiat, Alfa Romeo e Jeep. Un progetto piuttosto lontano nel tempo, che per molti sa di un prendere tempo da parte dell’azienda. Nel frattempo, sempre su Melfi, si chiude una linea produttiva, quella della Compass. Il Suv della Jeep verrà prodotto a Melfi sulla stessa linea dove si producono l’altra Jeep, la Renegade e la Fiat 500X.

Nella linea cessata, si passerà ad attività di assemblaggio, a discapito di alcune ditte dell’indotto a cui l’assemblaggio era precedentemente appaltato. E poi c’è il nodo Gigafactory, con la concreta possibilità (Spagna permettendo dal momento che anche lo Stato iberico è candidato alla fabbrica di batterie) che a Melfi o a Mirafiori venga costruita la terza fabbrica di batterie per veicoli elettrici del gruppo in Europa, dopo che in Francia e Germani tutto è definito per le prime due Gigafactory.

In base a quanto sopra detto, almeno stando alle ultime riunioni (ci sarebbe pure un vertice tra sindacati e azienda a Melfi dove si è trovato un accordo di massima sia per i 4 nuovi veicoli elettrici dal 2024 che per la chiusura di una linea produttiva), sembra che Stellantis voglia investire sulla produzione nella nostra penisola.

Ma poi ci sono i dati di fatto, le evidenze di tutti i giorni. A Mirafiori stanno per accordarsi mentre a Melfi lo hanno già fatto. Parliamo di accordo tra azienda e sindacati per gli incentivi all’esodo. In pratica ci sarebbe l’indirizzo ad agevolare le uscite dei lavoratori più vicini alla pensione dando dei benefit. Ma se per le uscite ci sarebbe già in linea di massima un accordo, non c’è nulla in cantiere per nuove assunzioni, e questo è un segnale di riduzione dell’occupazione.

Ma nel Mondo Stellantis in Italia non ci sono solo Melfi e Mirafiori, perché la situazione anche negli altri stabilimenti è sempre negativa se non ancora peggiore dal momento che nel vertice del 15 giugno scorso non c’è stata alcuna novità per Pomigliano, Termoli e Cassino per esempio.

Nello Stabilimento Stellantis di Cassino il piatto piange

Nello stabilimento Stellantis di Cassino già prima della fusione si era registrata una riduzione dei dipendenti, e il trend rischia di essere lo stesso. Infati oggi si contano circa 3.400 lavoratori nello stabilimento laziale di Stellantis. Infatti la produzione del modello Alga Romeo Giulietta è terminata a dicembre scorso e subito è partito il ricorso alla cassa integrazione guadagni. Oggi a Cassino si producono solo il suv Alfa Romeo Stelvio e l’Alfa Giulia. La chiusura di Giulietta ha drasticamente ridotto la produzione, a tal punto che ormai si lavora solo tra gli 8 e i 12 giorni al mese con cassa integrazione a rotazione e con alcuni operai in fabbrica solo per due giorni nel mese di giugno.

Le prospettive per Cassino sono negative visto che il 2022 potrebbe produrre ancora un calo dal momento che Giulia e Stelvio vanno verso la fine del loro ciclo produttivo ed a poco servirà la promessa di portare a Cassino il piccolo Suv Maserati Grecale, auto che verrà prodotta in pochi esemplari, nell’ordine di 30 o massimo 40 al giorno.

Ed anche a Cassino il problema non riguarda solo i lavoratori interni a Stellantis, ma anche quelli dell’indotto. Per esempio, su Cassino sembra che stiano per decidere di portare dentro Stellantis, molte attività esterne di sequenziamento. Sono attività che oggi sono appaltate alle aziende dell’indotto, molte delle quali vivono di commesse Stellantis. E sarebbero circa 300 i lavoratori che se davvero l’operazione sarà quella di portare il sequenziamento dentro Stellantis, rischiano di perdere il posto.

Le fabbriche italiane costano caro come produzione

Il buon giorno si vede dal mattino, è proprio il caso di dirlo dal momento che fin dalla prima visita di Carlos Tavares in Piemonte, il CEO di Stellantis aveva sottolineato come a Stellantis produrre auto in Italia era più costoso che altrove.

E così che per esempio, il gruppo ha deciso di andare a produrre tre auto in Polonia, ed una di queste sembrava dovesse andare allo stabilimento campano di Pomigliano. In quest’altro stabilimento italiano di Stellantis, si produrranno i Suv Tonale, ma anche in questo caso come per Cassino e per il piccolo Suv Maserati Grecale, si parla di pochi veicoli al giorno (siamo sui 200 circa), e quindi lo stabilimento difficilmente lavorerà in piena efficienza, cosa che è naturale che non accadrà visto che si parla di dimezzare per Pomigliano, la produzione della Fiat Panda.

Dal Partito Socialista Italiano, come si legge sulle pagine del loro quotidiano, si richiama all’ordine la politica italiana. Una politica effettivamente distante dalla realtà degli stabilimenti ex FCA, come dimostra il fatto che il Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani ha definito il governo neutrale anche sulla scelta della collocazione della Gigafactory in Italia.

“Come rappresentante del Partito Socialista Italiano, un partito fondato al fianco dei lavoratori e per i lavoratori, ritengo opportuno che qualcuno ponga al Governo delle domande chiare sul futuro di Stellantis in Italia, penso sia necessario un intervento parlamentare anche perché ricordiamo che lo stato Francese possiede delle quote nella neo nata Stellantis, parliamo di un mondo che tra stabilimenti ed indotto da lavoro a più di 30000 persone, città come Cassino dalla ipotetica chiusura dello stabilimento subirebbero a livello sociale una decadenza occupazionale drammatica”, questo ciò che si legge sul quotidiano socialista.

E poi si ricordano gli impegni presi da FCA prima della fusione, impegni presi con lo Stato italiano che aveva garantito per un prestito ottenuto da FCA. E si trattava dell’impegno a mantenere i livelli occupazionali in tutti gli stabilimenti italiani.

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