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Perizia dell’esperto e scatola nera Rca: questione controversa

Una recente sentenza, del tutto condivisibile, riporta l’attenzione sulle black box

scatola nera rca

Secondo alcuni teorici, la scatola nera Rca è un oracolo infallibile. C’è un incidente, si vede cosa dice la black box, e si stabilisce la dinamica del sinistro. Di chi sia la colpa. Chi debba pagare cosa. Ci si mette nelle mani di uno strumento tecnologico, come se questi dispositivi fossero imbattibili. Quando chiunque sa che sbagliano anch’essi, eccome. Ma le cose sono molto diverse: serve la perizia dell’esperto. Lo ha stabilito il Giudice di Pace di Chieti, sentenza 570/2019 appena resa nota. Lo ha pubblicato l’Unarca: Unione nazionale avvocati responsabilità civile e assicurativa.

Perizia dell’esperto e scatola nera Rca: occhio alla approssimazione

  • La sentenza del il Giudice di Pace di Chieti è condivisibile. Correttamente ricorda quanto evidenzia l’AICIS (Associazione Italiana Consulenti Infortunistica Stradale) in un documento presentato, in via emendamentaria, al decreto concorrenza, dall’OUA (Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana).
  • La scatola nera è utile. Ma la rilevazione necessita di un’interpretazione. La lettura può trovare posto nel complessivo degli altri dati utili alla ricostruzione della dinamica di un incidente stradale. Al semplice dato non può essere attribuito il titolo di “risultato”: necessita dell’analisi molto attenta da parte di un tecnico specializzato. In assenza di una certificazione sul montaggio dello strumento con verifica dei valori attraverso prove standard, il “dato” non risulta né certo né affidabile.
  • C’è il carattere aleatorio e strettamente soggettivo dei dati elaborati: non sono “risultanze” che emergono dai rilievi di ogni singolo dispositivo. La cui attendibilità deve essere sempre contestualizzata e interpretata e non assumibile come “vera e oggettiva”.
  • Quelli della scatola nera sono “dati” che necessitano di una fase di attenta interpretazione tecnica da parte di uno specialista. Qualora assunti in via diretta, possono portare a conclusioni anche molto diverse dall’apparenza, con attribuzioni delle responsabilità basate su valutazioni del tutto parziali.
  • Sovente, non sono dunque di produzione delle case costruttrici del veicolo. E la loro installazione avviene “after market” in vendita abbinata a un prodotto assicurativo. È proprio l’installazione sul veicolo che aumenta le criticità relative a oggettività (e quindi attendibilità) dei dati elaborati dai segnali emessi dal dispositivo.
  • Può accadere che la crash box non venga stabilmente fissata al veicolo o non correttamente orientata. Indicando pertanto dei dati che non sono, come ci si aspetterebbe, riferibili all’effettivo comportamento del veicolo di cui dovrebbe esserne parte integrante, ma riferisce sollecitazioni proprie.
  • Ogni report prodotto dall’elaborazione dei dati riferiti dalla crash box è caratterizzato addirittura da un valore di attendibilità.

Non c’è sicurezza assoluta e totale per la black box

  • Il dato più vicino alla realtà è quello dei fattori accelerativi. Siano essi negativi o positivi (accelerazione e decelerazione). Leggibili attraverso registrazioni con output grafici che hanno la necessità di essere “puliti” dai valori relativi a sollecitazioni “divaganti”. Dovute, per esempio alle vibrazioni tipiche delle vetture o al posizionamento ed all’installazione del dispositivo.
  • Ogni installazione dovrebbe essere accompagnata da una certificazione dell’avvenuta corretta installazione e del collaudo di verifica, per poter eventualmente fornire un valore da interpretare da parte di un tecnico esperto, quantomeno con qualche garanzia di correttezza.
  • Per quanto attiene all’esatta collocazione dei veicoli, molti sono i casi noti di errato posizionamento rispetto alle coordinate terrestri e, in particolar modo, rispetto alle mappe di riferimento che, non sempre sono perfettamente aderenti al geoide terrestre.

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