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Ferrari: tra WEC e IndyCar alla ricerca di prospettive

La Ferrari guarda altrove. Con la riduzione del budget cap le prospettive si ampliano e si potrebbe guardare con serietà all’IndyCar, forse un po’ meno al WEC

Sebastian Vettel - 3

Quando ad aprile la Ferrari annunciava che avrebbe preso in considerazione l’ipotesi di entrare in categorie diverse dalla Formula 1 se il limite di budget dello fosse stato ulteriormente ridotto al di sotto del suo nuovo livello pari ai fatidici 145 milioni di dollari, all’interno del paddock la presa di posizione era apparsa come un vuoto avvertimento mirato ad evitare la riduzione del budget cap.

A pensarci bene, la storia è disseminata di esempi che riconducono a simili dichiarazioni rilasciate dalla Scuderia; spesso utilizzate per fornire paletti oltre i quali conviene non imbattersi. Durante la metà degli anni Ottanta venne persino realizzata una monoposto utile a fronteggiare i rivali presso il Campionato CART statunitense.

Mattia Binotto e Maurizio Arrivabene

Addirittura a marzo 2017 l’allora presidente della Ferrari, Sergio Marchionne, annunciava che la Formula E rappresentava una possibile via di dedizione per il team di Maranello: “dobbiamo essere coinvolti nella Formula E perché l’elettrificazione e l’ibrido faranno parte del nostro futuro”, ha affermato. Ma anche in quel caso pare che Marchionne abbia reagito all’indomani di una discussione su alcuni punti di future normative che avrebbero coinvolto le power unit. È chiaro che le “minacce” fanno parte della volontà di negoziare della Ferrari. Inoltre, le condizioni relative al diritto di veto della Ferrari sono state giudicate da molti come un attestato sull’impossibilità di allontanarsi dalla Formula 1.

Alcune condizioni potrebbero includere “intrusioni” in IndyCar o nel WEC

Pare quindi che esistano delle condizioni confermate in una lettera della FIA alla Ferrari del gennaio 2005 e riportate negli accordi successivi. Secondo quanto riportato da RaceFans, pur ponendo restrizioni alle attività, consente alla Ferrari di partecipare alle competizioni sotto l’egida della FIA e quindi sotto la sua massima autorità. In ogni caso, nel bene o nel male, l’intera esistenza della Formula 1 ruota attorno al blasone della Ferrari. C’è ben poco da fare. Quindi le minacce di un possibile ritiro (non è questo il caso) o di un passaggio verso altri lidi fa sempre un certo effetto. Ciò che potrebbe accadere non ha riscontrato mai valide modalità di prova visto che comunque le velleità di andare a competere altrove non si sono mai tramutate in realtà dei fatti.

Ferrari 333 SP - 8
La Ferrari 333 SP vincitrice alla 24 Ore di Daytona del 1998 con Gianpiero Moretti, Arie Luyendyk, Mauro Baldi e Didier Theys

Tornando quindi al discorso principale, la IndyCar viene gestita dall’Automobile Competition Committee for the United States (ACCUS) che comunque rappresenta un affiliato della FIA; quindi le gare della statunitense IndyCar sono iscritte sui calendari sportivi della FIA, mentre le licenze delle competizioni sono trasferibili. Quindi non vi è alcun impedimento normativo per la Ferrari che impedisca di partecipare alla serie.

La Formula E rimane invece ad un punto morto, poiché anche sotto la sua strategia di ibridazione non ci sono attualmente piani concreti per una Ferrari completamente elettrica. Le auto sportive ad alte prestazioni sono il prodotto principale dell’azienda emiliana. Il mercato americano rappresenta un terzo delle vendite globali della Ferrari il che rende il WEC, ma soprattutto l’IndyCar interessanti proposte.

Meglio WEC o IndyCar?

Difficile a dirsi, ma di certo il WEC non gode di grande interesse almeno attualmente. Ma con la riduzione del budget cap da 175 milioni di dollari a 145 milioni di dollari a partire dal 2021, diminuendo di ulteriori 5 milioni all’anno in ciascuna delle due stagioni successive, le prospettive si ampliano. Quindi quale di queste due categorie potrebbe abbracciare la Ferrari al fine di preservare la forza lavoro e ridistribuire le strutture?

La probabile risposta potrebbe includere entrambe le serie, per ragioni economiche innanzitutto. La Ferrari potrebbe infatti aver bisogno di riassegnare fino a 300 dipendenti per operare entro il limite di budget iniziale più altri 30 o più l’anno man mano che il graduale percorso di riduzione del budget comincerà. Lo stesso Mattia Binotto in queste ultime settimane ha confermato diverse volte che “è vero che stiamo cercando alternative. Il motivo è che in Ferrari abbiamo investito negli ultimi due anni sulle nostre risorse e sul personale cercando di aumentare il nostro know-how. Pensiamo che in qualche modo sia un peccato fare a meno di tutto questo. Quindi guardare alle alternative è un modo per assicurare in qualche modo che tutto rimanga com’è”.

Ferrari 637 - 9

 

Ma c’è da dire che le eventuali disposizioni relative esclusivamente alla fornitura di motori per le categorie citate non presentano alcuna soluzione in quanto i reparti che si dedicano ai motori per la Formula 1 non risulterebbero interessati dalle restrizioni sul budget, mentre gli ingegneri che la Ferrari avrebbe bisogno di ridistribuire sono principalmente impegnati su telaio e produzione. Abbracciare una combinazione di progetti WEC e IndyCar, coprendo sia lo sviluppo del telaio che del motore, può essere una soluzione.

Nel WEC potrebbe vedere la luce una hypercar di classe LMH da guidare sia in WEC sia, con le dovute modifiche, nella classe LMDh dell’IMSA a partire dal 2022. Magari col contributo di Dallara che in passato aveva fornito ben più di una semplice consulenza sulla Ferrari 333SP. Per l’IndyCar la soluzione è differente visto che si corre in regime di mono-telaio, fornito da Dallara. Ma possibili aperture potrebbero derivare da un nuovo regolamento per la serie previsto per il 2022. Ma comunque sembra si stia discutendo soltanto di motori che a partire da quell’anno potrebbero introdurre soluzioni ibride, un dato che fa pensare bene al boss della serie Roger Penske che nei giorni scorsi ha confermato la gestione di alcuni contatti col Cavallino Rampante. Difficilmente si potrà sperare su un telaio Made in Ferrari, su un rebranding come fatto ad esempio di recente dalla McLaren o altri forse si.

I tempi sono cambiati

In ogni caso i tempi sono cambiati e con questi anche la cultura in casa Ferrari. Un forte indicatore è proprio legato all’accettazione del nuovo budget cap, prima fortemente osteggiato da Maranello. Sintomo di un team in piena evoluzione, capitanata da un uomo solo al comando: Mattia Binotto. Bisognerà capire se questo cattivo 2020 condizionato da una terribile pandemia che tuttora non accenna a fornire segni di ottimismo abbia fornito dati utili alla stessa Ferrari per puntare su una linea ulteriormente votata verso il basso profilo. Anche il veto è stato messo da parte.

Proprio sull’argomento lo stesso team principal della Ferrari ne ha parlato con RaceFans ammettendo che “Abbiamo puntato su un approccio collaborativo. L’uso del veto a volte non rappresenta il modo corretto per gestire le cose. Avere discussioni, cercare di trovare il giusto compromesso, è il modo di procedere all’inizio”. In ogni caso sembra che in Ferrari si stia disponendo un forte piano rivolto alla ricerca di modalità di risparmio proprio per rientrare negli attuali limiti perché, come ha aggiunto Binotto, “vogliamo proteggere i nostri dipendenti. Non posso dire di essere pienamente soddisfatto della soluzione perché ora l’esercizio è certamente molto difficile”.

Mattia Binotto

Sembra evidente quindi che Mattia Binotto ha fornito un apporto di umiltà al lavoro di squadra in questa Formula 1 degli Anni Duemila. Ma non va confuso mai il pragmatismo con la debolezza. Vedremo cosa ci riserverà il prossimo futuro.

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