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Binotto: “Formula 1? Purtroppo è anche una questione politica”

Mattia Binotto fa il punto della situazione dopo il primo anno da Team Principal in Ferrari

Mattia Binotto

Alla Ferrari approdò nel 1995 come stagista, oggi è il Team Principal. La promozione più importante per Mattia Binotto, chiamato in sostituzione dell’uscente Maurizio Arrivabene. Intervistato da Ferrari Magazine, il giovane ingegnere reggiano racconta le prime emozioni provate al ruolo di comando e il contributo apportato. Non c’è stato il tempo di un inserimento completo. Né fisico né mentale. Il trasloco non l’ha manco concluso.

Buona parte delle sue cose sono ancora di là, eccetto il pc, la lavagna, le sue biro e matite: non può farne senza. In fondo non crede che l’incarico affidatogli abbia maggiore importanza né è stata la sua massima aspirazione. È solamente una differente responsabilità. Un’ascesa naturale e deve dire grazie alla Ferrari per avergli consentito di compiere questo passo.

Binotto: insediamento prematuro

Il momento dell’insediamento è stato un po’ più repentino del previsto. Il 7 gennaio doveva prendere un volo per Londra e in aeroporto a Bologna ha comprato la Gazzetta dello Sport, che in prima pagina ne annunciava la nomina. Dunque hanno dovuto affrettare le operazioni e ciò non è stato semplicissimo, ma sono riusciti a occuparsene. In confronto all’occupazione precedente, la gestione non è diventata più umana e meno tecnica, infatti la componente sportiva è al 90 per cento formato da tecnici.

In aggiunta, ha preso in carica il 10 per cento rimanente: sponsor, marketing, media, legal. Certamente si sono integrati oneri in aree di cui magari ha meno competenza. E se vogliono, mentre prima, da direttore tecnico, era esclusivamente abituato a spendere, ora da Team Principal ha il compito di risparmiare o perfino guadagnare.

Una regola, giudicata da Mattia Binotto fondamentale, proviene in parte dai suoi studi di Ingegneria e dal fatto di essere cresciuto in Svizzera: la rigorosità nei processi è importante. Ciò lo aiuta ad amministrare una vasta struttura qual è la Ferrari. Da una parte bisogna coltivare il rapporto con i singoli dipendenti, l’aspetto umano ed empatico è indispensabile.

Tuttavia, dall’altro lato si tratta di un’organizzazione complessa da dirigere alla perfezione. E specialmente in Formula 1 è necessario che tutto funzioni in modo efficace ed efficiente. Non è tanto una questione di arrivare ad erogare 1.000 Cv di potenza, bensì giungerci in anticipo sulla concorrenza e collaudare sistemi utili ad accelerare lo sviluppo.

#essereFerrari: l’hashtag lanciato dal nuovo Team Principal

La prima apparizione pubblica è accaduta il 15 febbraio, con la première della nuova monoposto, la SF90, definita da Mattia Binotto una delle più belle degli ultimi anni. Per lui una grande emozione. E in vista dell’occasione ha debuttato pure l’hashtag, quell’#essereFerrari a cui tiene parecchio. Poi si è corso il primo Gran Premio stagionale, in Australia. Dati i test invernali, andati benissimo, nutrivano alte aspettative, invece è avvenuta una doccia gelata: Sebastian Vettel ha tagliato il traguardo in quarta posizione, davanti a Charles Leclerc, quinto.

Per il resto, quella è stata la sua prima gara al muretto dopo 25 anni di operato. Quand’era un ingegnere motorista si immaginava di smettere presto o tardi di scendere in pista e quello che gli sarebbe mancato sarebbe stato l’aver seguito una corsa al muretto. Al contrario, lì ha esordito in una postazione dalla quale si ha una visione totalmente differente rispetto ai box.

Mattia Binotto non sa se sia questa la ragione per cui tende spesso a voltarsi indietro. Però è compito suo pure quello di garantirsi che qualsiasi cosa funzioni correttamente, perciò tenere sotto osservazione i box è essenziale. A ogni modo, è un uomo di box e gli basta una veloce occhiata coi meccanici per capire la situazione. Gli serve tenere soprattutto lì lo sguardo anziché sul monitor.

Ripercorrendo le tappe più rilevanti della stagione mandata agli archivi, indicherebbe dopo lo smacco in Australia il GP del Bahrain, con un successo in tasca sfumato traditi da problemi di affidabilità. E il Canada, dove Vettel vince per poi subire una penalizzazione, a comprovare un avvio in salita.

Gli exploit post-pausa

Successivamente, finita l’estate, sono giunti gli exploit di Spa-Francorchamps, Monza e Singapore, che li hanno in parte ripagati dell’inizio sottotono. Nonostante non abbia permesso di centrare il colpo grosso, nella loro ottica – che è quella di alimentare il mito del Cavallino Rampante – crede siano state davvero istantanee speciali sia per i supporters sia per la squadra.

Supporters pronti a dare pieno sfoggio di passione in Piazza Duomo a Milano, all’evento allestito in onore dei 90 anni di Scuderia alla vigilia del GP italiano. Un bagno di folla rossa memorabile, ad attestare che la leggenda è più che mai viva.

Al netto dei risultati sul circuito, Mattia Binotto è contento della crescita nello spirito di squadra. Sono molto uniti, compatti, drive compresi, sebbene le voci insinuate da qualche fonte. Un esempio riguarda il GP del Brasile. Il martedì successivo all’incidente, gli squilla il telefono e vedo comparire sullo schermo i nomi di Vettel e Leclerc, contemporaneamente.

Si erano parlati e chiariti tra loro, una mossa tutt’altro che scontata a testimoniare l’importante spirito di comunione. Inoltre, in riferimento all’episodio, meglio sia capitato ora: contribuisce a chiarirsi in considerazione del prossimo campionato.

Binotto: confronto anche politico

Dal 2019 si porta però un fardello: in F1 il confronto, oltre che tecnico e sportivo, è anche politico. Un versante sul quale non possono sorvolare, abbassare la guardia e fa sì che non basti costruire una monoposto competitiva e talentuosi piloti. Non immaginava comportasse tanto impegno. Il livello di sfida non pensa abbia mai toccato vette analoghe.

Nel 2020 hanno le risorse per ben figurare ma niente è scontato perché gli stessi avversari, al pari di loro, stanno incrementando gli sforzi per fare il salto di qualità. A loro vantaggio c’è il supporto di tifosi eccezionali e il fascino di un’icona che intendono assolutamente continuare ad alimentare. #essereFerrari è anche questo.

 

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