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Cinture di sicurezza: multa valida anche senza contestazione

La Corte di Cassazione si pronuncia mediante ordinanza numero 22991/19

Cinture di sicurezza

La multa, in determinati casi, è valida anche senza la contestazione, laddove, con la scusa della fretta, il trasgressore si allontani e chieda la notifica del verbale. Dunque, i conducenti non possono accampare la scusa di evitare la contestazione per poi chiedere, in seconda istanza, l’annullamento della sanzione comminata. A pronunciarlo è la Corte di Cassazione, mediante ordinanza numero 22991/19, depositata il 16 settembre, su un mancato utilizzo. delle cinture  di sicurezza.

Cinture di sicurezza: l’allontanamento non è più una scusa

Oltre alle fattispecie indicate nell’art. 201 del Codice della Strada (sotto riepilogati), gli ermellini hanno introdotto l’ipotesi in cui il guidatore, fermato dalle Forze dell’Ordine per il mancato impiego delle cinture di sicurezza, se ne vada volontariamente per questioni di urgenza chiedendo la notifica del verbale presso la proprio residenza. In passato la mancata contestazione immediata veniva utilizzata come pretesto per richiedere l’annullamento della multa. Oggi però la questione cambia, infatti, grazie all’intervento della Suprema Corte, questa strategia potrebbe non dare più vantaggi.

Irrilevante il permesso degli agenti

L’organo giuridico argomenta che la richiesta dell’automobilista della notifica, appellandosi alla fretta, renda impossibile la contestazione immediata da parte degli agenti accertatori. Analogamente, evidenzia l’irrilevanza dell’allontanamento con o senza permesso degli agenti a seguito di richiesta. In conclusione, se chi si trova al volante viene fermato per un controllo va di fretta e volontariamente lascia subito il posto per questioni personali, la mancata contestazione immediata sarà legittima. Ed il verbale costituirà di per sé elemento sufficiente per ritenere verificato il mancato impiego delle cinture, a condizione che si indichi l’allontanamento volontario da parte del trasgressore.

Art. 201 Cds: quando la contestazione immediata non è possibile

L’articolo 201 del Codice della Strada disciplina i casi in cui non è possibile la contestazione immediata della multa. Nello specifico: “impossibilità di raggiungere un veicolo lanciato ad eccessiva velocità; attraversamento di un incrocio con il semaforo indicante la luce rossa; sorpasso vietato; accertamento della violazione in assenza del trasgressore e del proprietario del veicolo; accertamento della violazione per mezzo di appositi apparecchi di rilevamento direttamente gestiti dagli organi di Polizia stradale e  e nella  loro  disponibilità  che  consentono la determinazione

dell’illecito in tempo successivo  poiché  il  veicolo  oggetto  del rilievo è a  distanza  dal  posto  di  accertamento o comunque nell’impossibilità di essere fermato  in  tempo  utile  o  nei  modi regolamentari; accertamento della violazione per mezzo di appositi apparecchi di rilevamento direttamente gestiti dagli organi di Polizia  stradale; (…) rilevazione degli accessi di veicoli non autorizzati ai centri storici, alle zone a traffico  limitato,  alle  aree  pedonali,  alle piazzole di carico e scarico di merci,  o  della  circolazione  sulle corsie e sulle strade riservate  attraverso  i  dispositivi  previsti;

accertamento delle violazioni (…) per mezzo di appositi dispositivi o apparecchiature di rilevamento; accertamento,  per  mezzo  di  appositi dispositivi o apparecchiature  di rilevamento, della violazione dell’obbligo dell’assicurazione  per  la  responsabilità civile verso terzi, effettuato mediante il confronto dei  dati rilevati  riguardanti  il luogo, il tempo e l’identificazione dei veicoli con quelli risultanti dall’elenco  dei  veicoli  a  motore  che non risultano coperti dall’assicurazione per la responsabilità civile verso terzi”.

Cinture di sicurezza: la sentenza della Cassazione

“Rilevato:

che il dott. Fr. Na. ha proposto ricorso, sulla scorta di tre motivi, per la cassazione della sentenza con cui il tribunale di Torino, confermando la decisione del giudice di pace di Chieri, ha rigettato la sua opposizione avverso l’ordinanza d’ingiunzione del prefetto di Torino che lo aveva sanzionato per il mancato uso della cintura di sicurezza mentre era alla guida di una automobile;

che l’impugnata sentenza ha ritenuto che il mancato uso delle cinture di sicurezza potesse essere contestato solo con querela di falso, giacché solo al giudizio di falso sarebbe stata riservata “la proposizione e l’esame di ogni questione concernente l’alterazione nel verbale, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realtà degli accadimenti e dell’effettivo svolgersi dei fatti”;

che con il primo motivo di ricorso, riferito al vizio di violazione e falsa applicazione di legge (artt. 172 cod. strada e 2700 c.c.), il ricorrente cesura la sentenza impugnata per aver statuito che la constatazione che il sig. Fr. Na. circolava alla guida di autoveicolo senza indossare le cinture di scurezza, contenuta nel verbale impugnato, facesse fede fino a querela di falso ex art. 2700 c.c. ancorché, si sottolinea nel mezzo di impugnazione, concernesse una circostanza oggetto di percezione sensoriale, come tale suscettibile di errore di fatto;

che con il secondo motivo si lamenta l’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. o, in via gradata, l’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione alla omissione della contestazione immediata da parte dei verbalizzanti, in difetto di motivi che rendessero la stessa impossibile;

che con il terzo motivo di ricorso si denuncia la violazione degli artt. 200 e 201 cod. strada e dell’art. 384 del relativo Regolamento di esecuzione, in cui il tribunale sarebbe incorso ritenendo che l’omissione della contestazione immediata fosse legittimata dalla circostanza, emergente dal verbale, che trasgressore “richiedeva notifica del verbale a casa perché aveva fretta”; nel mezzo di ricorso si argomenta che la “fretta” addotta dal trasgressore non potrebbe farsi rientrare nell’elenco dei motivi che consentono per legge l’omissione della contestazione immediata e che la richiesta del trasgressore di ricevere la notifica casa non sarebbe assimilabile al rifiuto di ricevere la notifica, costituendo una semplice richiesta alla quale le forze dell’ordine avrebbero potuto e dovuto opporsi;

che la Prefettura di Torino non ha spiegato attività difensiva in questa sede;

che la causa è stata chiamata all’adunanza di camera di consiglio del 18.1.18, per la quale non sono state depositate memorie illustrative;

ritenuto:

che il primo motivo non può trovare accoglimento perché le Sezioni Unite di questa corte hanno già avuto modo di chiarire che l’indicazione nel verbale del mancato uso della cintura di sicurezza da parte del trasgressore, in quanto oggetto diretto della constatazione visiva del pubblico ufficiale accertatore, deve ritenersi assistita da fede privilegiata (sent. n.17355/09, in conformità, Cass. n. 25842/08);

che il secondo motivo di ricorso coglie un’effettiva omissione di pronuncia del tribunale sul motivo di appello con cui l’odierno ricorrente aveva riproposto in secondo grado la questione dell’inidoneità della richiesta del trasgressore a giustificare l’omissione di contestazione immediata della violazione; il motivo, tuttavia, non può trovare accoglimento perché la questione su cui il primo giudice non si è pronunciato va risolta, come si vedrà nell’esame del terzo motivo di ricorso, in senso sfavorevole all’odierno ricorrente (cfr. Cass. n. 8561/06: «In materia di opposizione ad ordinanza ingiunzione, il ricorso per cassazione che denunzi il mancato esame, da parte del giudice di merito, di un motivo dell’opposizione può condurre alla cassazione della sentenza impugnata soltanto se, vertendo su questione di diritto, esso sia fondato, atteso che, nel caso di sua infondatezza, lo iato esistente tra la pronuncia di rigetto ed il mancato esame della censura deve essere colmato dalla Corte di Cassazione facendo uso del proprio potere di correzione della motivazione della sentenza, integrando la decisione di rigetto mediante l’enunciazione delle ragioni di diritto che sostengono il provvedimento opposto, senza necessità di rimettere la causa ad altro giudice affinché dichiari infondato il motivo non esaminato» (conf., da ultimo, SSUU 2731/17);

che il terzo motivo di ricorso va infine rigettato, perché la contestazione immediata viene resa impossibile dall’allontanamento del trasgressore; che poi tale allontanamento avvenga senza l’autorizzazione dei verbalizzanti, o viceversa, avvenga con l’autorizzazione di costoro, all’esito di una richiesta in tal senso formulata dal trasgressore, è tutt’affatto irrilevante ai fini dell’integrazione della situazione – descritta nell’articolo 384, lettera f) del Regolamento del codice della strada -dell’accertamento in assenza del trasgressore;

che pertanto il ricorso va rigettato in relazione a tutti i motivi nei quali esso si articola;

che non vi è luogo a regolazione di spese, non avendo la Prefettura di Torino spiegato difese in questo giudizio di legittimità;

che deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ex art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 115/02.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’articolo 13, comma 1-quater, D.P.R. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’articolo I-bis dello stesso articolo 13″.

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