Nonostante proprio i diretti interessati si rifiutino di parlare di “duello”, la lotta intestina nella famiglia Peugeot per un seggio nel consiglio di amministrazione di Stellantis è un dramma che non ha nulla da invidiare a una qualunque popolarissima telenovela. Da una parte c’è Robert Peugeot, 75 anni, attuale rappresentante della famiglia e ritenuto troppo discreto. Dall’altra, il cugino Xavier Peugeot, 60 anni, ora a capo di DS, che vuole subentrare, convinto che Robert abbia esaurito il suo contributo per il Gruppo.
“Non è un insulto, alla sua età, passare il testimone!”, confida una fonte vicina a Xavier, suggerendo che per il settantacinquenne è ora di godersi la pensione. La scelta del rappresentante, però, oltre ogni speculazione e dichiarazione premautra, spetta a Peugeot Invest, la holding di famiglia, le cui redini, da Robert, sono passate al figlio Edouard. Xavier Peugeot, che ha diretto a lungo la strategica divisione veicoli commerciali, vuole portare aria fresca e far sentire nuovamente la voce francese nel colosso automobilistico.

Il malumore è però palpabile. Molti membri della famiglia criticano Robert per essersi rimesso alle decisioni di John Elkann, presidente e maggiore azionista in Stellantis, nella scelta del successore di Carlos Tavares e lamentano di non aver avuto voce in capitolo nelle fusioni con Opel e Fiat Chrysler.
Robert, però, ha una visione diversa, più da azionista che da operativo: “Le decisioni operative spettano all’amministratore delegato, Antonio Filosa”, taglia corto chi lo sostiene. Xavier, invece, che detiene il 7,7% del capitale, vuole sporcarsi le mani e influenzare la direzione strategica del costruttore. Filosa, inoltre, sta per presentare la nuova tabella di marcia, e per Xavier, la questione dell’impronta industriale, con la presenza stabile degli stabilimenti francesi in funzione, è una priorità assoluta.

Il disagio è aggravato dal CEO italiano che definisce Stellantis un gruppo “franco-americano-italiano”, un’espressione che non piace ai Peugeot. L’ultimo organigramma, che ha visto dirigenti provenienti da FCA in posizioni chiave e la retrocessione di storici dirigenti PSA, ha acuito i timori di uno sbilanciamento. Tuttavia, l’interpretazione di Robert è chiarissima: “Il passaporto non conta quando le persone sono competenti,” un’opinione condivisa dal terzo maggiore azionista, Bpifrance. La banca pubblica, infatti, si è detta irritata dalla faida interna.
