in

Stellantis, l’indotto crolla: Usb avverte “Servono risposte immediate”

Stellantis sotto pressione: l’indotto della Val di Sangro tra emergenza e proteste

Stellantis Pro One Atessa

Un nuovo allarme scuote l’indotto Stellantis nella Val di Sangro. L’Unione sindacale di base (Usb) ha lanciato ieri un grido di allerta dopo che l’Inps ha respinto la richiesta di proroga del trattamento di solidarietà per 91 dipendenti di Iscot Italia, azienda in appalto presso lo stabilimento di Atessa. Secondo il sindacato, la situazione è ormai fuori controllo: anni di tagli, crisi pandemica e promesse mancate hanno messo a dura prova i lavoratori.

Advertisement

Stellantis sotto pressione: l’indotto della Val di Sangro tra emergenza e proteste

Il 23 settembre scorso, in un esame congiunto tra sindacati e Confindustria Medio Adriatico, era stato chiesto di estendere gli ammortizzatori dal 1° ottobre al 31 dicembre 2025. L’Inps ha però stoppato tutto, motivando che «sono esaurite le mensilità disponibili». Iscot Italia ha richiesto un nuovo tavolo con il Mimit per cercare soluzioni e recuperare i fondi necessari.

Advertisement

«È la conferma di ciò che denunciamo da tempo – afferma Usb –: Stellantis ha abbandonato l’indotto e i lavoratori si ritrovano soli. Non bastano più le rassicurazioni sulla centralità dello stabilimento di Atessa». Il sindacato chiede interventi urgenti: blocco dei licenziamenti, un fondo straordinario per il settore automotive e un salario di transizione per chi ha già perso tutto. Per questo motivo, Usb ha rilanciato lo sciopero generale previsto per il 28 novembre, in protesta contro la «manovra finanziaria di guerra» del governo Meloni.

stellantis fabbrica

Le critiche si estendono anche agli investimenti pubblici: l’attenzione è rivolta alla Sabino Esplodenti di Casalbordino, rilanciata dalla turca Arca Defense con 100 milioni di euro per produrre armamenti. «Quanti soldi pubblici finiscono in una fabbrica che alimenta la macchina bellica? – chiede Usb – Sarebbe stato meglio investire sui poli industriali di Val di Sangro, San Salvo e Termoli, creando posti di lavoro e ricollocando i lavoratori espulsi». «Non è più accettabile – conclude l’Usb – che a pagare siano sempre i lavoratori con contratti part time e salari bassi. Servono fatti, e servono subito».

Advertisement