Quando Carlos Tavares annunciò i profitti record di Stellantis, gli azionisti applaudirono e il gruppo venne citato come un modello di integrazione industriale di successo. Oggi, però, quell’immagine di solidità appare incrinata. Il nuovo CEO Antonio Filosa deve affrontare una situazione ben più complessa e un futuro tutto da ricostruire.
Stellantis: Antonio Filosa potrebbe essere costretto a prendere decisioni impopolari
Dopo anni di crescita costante, il 2025 ha segnato una brusca inversione di rotta. Stellantis ha chiuso la prima metà dell’anno con una perdita netta di 2,3 miliardi di euro, un risultato che ha di fatto interrotto un lungo periodo di redditività. Le cause sono molteplici: crollo della domanda in Europa, difficoltà di approvvigionamento, conflitti con i fornitori, problemi tecnici ai motori e una rete di vendita in crisi dopo le ristrutturazioni. A tutto ciò si aggiungono la pressione normativa sulle emissioni e una concorrenza feroce nel mercato elettrico globale.
Il cambio di leadership, con l’uscita di Tavares e l’arrivo di Filosa, non ha per ora prodotto la svolta sperata. La fusione tra PSA e FCA, nata per creare sinergie e ottimizzare i costi, appare oggi come un’unione fragile tra culture industriali diverse. Le tensioni interne si stanno traducendo in una discussione aperta sulla riduzione dei marchi: Stellantis ne gestisce quattordici, da Citroën a Fiat, da Peugeot a Maserati, un portafoglio tanto ricco quanto difficile da sostenere in tempi di crisi.
Filosa si trova quindi davanti a un bivio: ridimensionare le ambizioni o procedere con decisioni drastiche su stabilimenti e personale. Si parla già di possibili vendite di asset, chiusure di impianti e tagli occupazionali in Europa.
Il mito della “fusione perfetta” si è infranto, come accadde in passato a Renault-Nissan o Mercedes-Chrysler. Stellantis entra così in una fase di profonda revisione, in cui ogni decisione sarà scrutata da azionisti, governi e — soprattutto — da clienti sempre più difficili da conquistare.

