Stellantis accelera negli Stati Uniti con un piano di investimenti da 13 miliardi di dollari annunciato il 15 ottobre, puntando a incrementare la produzione del 50% e lanciare cinque nuovi modelli in quattro anni. La mossa del CEO Antonio Filosa segna un cambiamento radicale rispetto alla gestione di Carlos Tavares, con l’America che diventa il fulcro strategico del gruppo. Grazie alla revisione degli standard sulle emissioni e all’eliminazione di incentivi fiscali per i veicoli elettrici, Stellantis può rilanciare modelli come il RAM Hemi V8, il più redditizio e meno virtuoso del portafoglio.
Il grosso investimento negli USA sposta il baricentro di Stellantis con l’Europa che secondo alcuni è destinata a diventare la parente povera
Il contrasto con l’Europa è però evidente: sei stabilimenti sono in sofferenza, tra sovraccapacità e possibili chiusure, mentre non sono stati annunciati piani di rilancio o investimenti significativi. I marchi europei del gruppo, come Peugeot, Opel e Fiat, mostrano una roadmap di prodotto poco ambiziosa e non sembrano in grado di generare dinamiche di crescita nel breve periodo.
La strategia di Antonio Filosa guarda oltre l’Atlantico e include anche la Cina, dove la creazione di nuove partnership e collaborazioni tecnologiche potrebbe richiedere ulteriori investimenti e risorse significative. Questo spostamento di attenzione rischia di lasciare l’Europa in secondo piano, con la necessità di monitorare attentamente l’impatto sulle attività industriali e sui siti produttivi del Vecchio Continente. Il recente cambio di leadership e la progressiva italianizzazione del top management europeo lasciano intendere che decisioni importanti e probabilmente decisive sul futuro degli stabilimenti e sulla riorganizzazione delle fabbriche sono ormai imminenti.
In questo scenario, cresce la preoccupazione tra i dipendenti e i dirigenti europei: il prossimo piano strategico di Stellantis potrebbe dar vita a un vero e proprio modello a due velocità. Da un lato, il gruppo appare dinamico, aggressivo e fortemente investito nel mercato americano; dall’altro, l’Europa rischia di restare stagnante, sottofinanziata e meno centrale nelle strategie globali. La storica patria europea del gruppo attende segnali concreti e rassicurazioni sul futuro degli stabilimenti e sul mantenimento di investimenti, competenze e occupazione, per evitare di restare indietro rispetto ai piani ambiziosi delineati oltreoceano.