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Exor in chiaroscuro: Stellantis, Ferrari e Iveco compensano in parte

Il rendimento di Exor nel primo semestre del 2022 ha avuto luci e ombre. A parziale compensazione ci pensano Stellantis, Ferrari e Iveco.

John Elkann
John Elkann

Si chiude in chiaroscuro il primo semestre di Exor. La holding della famiglia Agnelli presieduta da John Elkann ha, infatti, dovuto fronteggiare una flessione dell’utile consolidato, sceso a 265 milioni contro gli 838 milioni di gennaio-giugno 2021. Si riduce pure il Net Asset Value, Nav, il quale, al 30 giugno, si attestava a 25,5 miliardi contro i 31 miliardi con cui era andato in archivio lo scorso anno. E le note positive? Esistono e fanno riferimento alle partecipate, quali Stellantis, Ferrari, Iveco e Cnh Industrial, le quali hanno permesso di compensare, almeno in misura parziale, il risultato negativo dell’utile netto, sceso, appunto, di 573 milioni.

L’analisi semestrale del bilancio segnala pure la perdita della Juventus, quantificata in 132 milioni di euro, che portano, pertanto, a un complessivo di 250 milioni di euro le stime in rosso già annunciate. Le rilevazioni ufficiali della semestrale del club bianconero saranno comunque approvati dal consiglio di amministrazione entro la fine del mese di settembre.

Exor, l’utile netto scende di 573 milioni di euro (meno 68,4 per cento): i motivi che hanno condotto alla frenata, solo in parte compensata dalle consociate Stellantis, Ferrari, Iveco e CNH Industrial

Exor

 

A pesare sulle sorti della holding olandese, in calo del 68,4 per cento del dato dello scorso anno, ci sono le perdite non maturato dal portafoglio obbligazionario di PartnerRe. Il risulta desta ulteriori preoccupazioni se viene preso in esame il fatto che l’utile conseguito nei primi sei mesi del 2021 include una perdita non ricorrente pari a 507 milioni derivanti dal deconsolidamento dell’ex Fiat Chrysler Automobiles dopo la fusione posta in essere con Peugeot Groupe (Psa), che ha dato forma al conglomerato Stellantis.

Poco promettenti sono poi le notizie in merito alla liquidità. Difatti, nel primo semestre del 2022, la posizione finanziaria consolidata ha segnato un negativo di quattro miliardi e cinquecento milioni di euro, peggiorando del 15 per cento in rapporto alla cifra negativa per 3,9 miliardi al 31 dicembre 2021. In tal proposito, hanno avuto un impatto considerevole: il versamento di 746 milioni di Exit Tax corrisposto alle autorità italiane; gli investimenti attuati nel corso del periodo analizzato per 355 milioni di euro; la distribuzione di un dividendo per 100 milioni di euro; un programma di buyback pari a 100 milioni di euro. Una compensazione parziale è giunta dalle partecipazioni, di circa 794 milioni.

Exor Agnelli

Comunque, ci sono buone notizie in merito al valore intrinseco di Exor, con il patrimonio consolidato ora di 18 miliardi, cresciuti di 1,3 miliardi in confronto alla fine del 2021. In considerazione pure della volontà di abbandonare Piazza Affari, Exor ha manifestato l’intenzione di portare avanti l’esecuzione del buyback con una seconda tranche da eseguirsi su Euronext Amsterdam ed Euronext Milano fino a 250 milioni di euro. Le azioni ricomprate nell’ottica della seconda chance saranno utilizzabili per sostenere gli obblighi conseguenti al nuovo piano di incentivazione finanziaria della società 2022-2024.

L’analisi di Equita: performance di poco peggiori alle stime

Le performance – spiegano gli analisti di Equita – si sono rivelate di poco peggiori delle stime per maggiori investimenti in partecipazioni minori non ancora annunciati. Comunque, dai numeri del primo trimestre sono emersi pochi spunti, in attesa del delisting. Difatti, come già annunciato, la società sarà esclusivamente quotata ad Amsterdam. Per l’esattezza, il titolo uscirà il 16 settembre dall’indice Ftse Mib e dal 27 settembre sarà delistato in Italia.

Detto ciò, le stime sull’utile risultano di scarsa significato, ad avviso degli operatori di Equita, in quanto sono di fatto la somma algebrica del pro-quota dei risultati delle controllate. Il fair value degli asset minori non quotati ha riportato una crescita di 0,3 miliardi, in prevalenza Loubotin e i nuovi investimenti di Exor Seeds, che, visto l’attuale contesto macroeconomico (colpito, innanzitutto, dalle questioni geopolitiche, ndr) ritengono difficile da confermare al termine dell’anno, comunque con modesto impatto sul Nav.

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