in

Stellantis Melfi, cosa accade ai salari per via delle continue fermate

A Melfi lo stabilimento ex FCA ed oggi Stellantis ha posticipato l’apertura dopo le vacanze, da 6 al 13 e si parla di soli 5 giorni di lavoro assicurato a settembre, ma i lavoratori così sono penalizzati.

Stabilimento Stellantis di Melfi

Cassa integrazione, fermate della produzione, turni ridotti e attività a basso regime. Sono tutte queste le tante problematiche che stanno vivendo i lavoratori degli stabilimenti Stellantis in Italia. Chi più chi meno è interessato da questi autentici fenomeni dovuti alla transizione elettrica, alla crisi per la pandemia e alla crisi dei semiconduttori.

Ci sono stabilimenti che salvano il salvabile perché per esempio producono pezzi che vengono mandati all’estero (in Polonia per esempio, per molte aziende dell’indotto della Sevel di Atessa). Altri hanno avuto commesse che con l’Automotive centrano poco (per esempio le mascherine anti Covid), ma che sono servite per salvare le attività.

E ci sono stabilimenti che soffrono tanto, come il principale polo produttivo di Stellantis, cioè lo stabilimento ex FCA di Melfi in Basilicata. Parliamo dello stabilimento dove si producono la metà delle auto che Stellantis costruisce in Italia e dove la stessa azienda ha deciso di produrre 4 nuovi veicoli elettrici dal 2024.

Al momento però, la riapertura dopo la pausa estiva è slittata dal 6 al 13 settembre. Un protrarsi della chiusura dovuta alla carenza dei semiconduttori. E sempre per la stessa motivazione, pare che nel mese di settembre solo 5 saranno i giorni garantiti di lavoro. Pertanto, si profilano nuove chiusure. E i lavoratori pagano dazio, a partire dallo stipendio, perché va bene la cassa integrazione, ma il salario si abbassa notevolmente.

I lavoratori di Stellantis Melfi sono penalizzati e molto

 “Si lavora di meno e in condizioni peggiori”, questo si legge sul sito “Basilicata24.it” dove sono stati registrati i commenti di alcuni lavoratori dello stabilimento.

Melfi rappresenta per l’area dove sorge, cioè per la Basilicata (ma anche per le Regioni confinanti), il principale produttore di Pil. Per questo le vicissitudini dello stabilimento hanno un impatto ben più vasto di quanto si può immaginare.

 E la cassa integrazione, pur se strumento importantissimo nei periodi di crisi, non può essere la soluzione del lungo periodo. In pratica, va bene per brevi periodi, ma se poi diventa la prassi, i lavoratori ci rimettono troppo.

“Questo mese farò solo 5 giornate di lavoro, niente notti e salari ridotti”, questo il commento di alcuni lavoratori dello stabilimento di Melfi. Quella che era una semplice ipotesi, man mano che passano i giorni sta diventando realtà. Parliamo cioè,  del fatto che a settembre 5 sono i giorni garantiti dalla crisi di approvvigionamento dei semiconduttori.

In sostanza, si tronerà in fabbrica il 13 e si tornerà in pausa dal 18 settembre. Questo ciò che appare assai probabile.

L’angoscia dei lavoratori dello stabilimento Stellantis di Melfi

 “Sapevamo che a settembre non sarebbe stato un rientro facile, ma non immaginavamo potesse essere così incerto e demotivante”, questo lo sfogo di una lavoratrice dello stabilimento di Melfi, intervistata dal sito prima citato.

E pare che da luglio a settembre, le cose per lo stabilimento sito in Basilicata, in Provincia di Potenza, sono peggiorate. Infatti prima della pausa estiva si parlava di un ritorno in fabbrica su una unica linea di produzione al posto di due. Infatti la linea della Jeep Compass è stata accorpata a quella della Fiat 500 X e della Jeep Renegade. E per questo che si parlava di un ampliamento dei turni di lavoro e di aumento delle produzioni di veicoli.

“Negli accordi di luglio si parlava di un rientro con 20 turni settimanali, poi si è passati a 17, ed ora siamo a 15 turni e da ieri addirittura a 10”, questo ciò che riportano i lavoratori e ciò che sta accadendo a Melfi.

La riorganizzazione a Melfi è piuttosto complicata e ancora non si è passati all’elettrificazione

Il quadro è piuttosto desolante quindi per quanto concerne lo stabilimento di Melfi. La riorganizzazione dei turni e delle attività su una sola linea ha presentato non poche problematiche. Questo è un dato di fatto evidente.

Ecco perché c’è chi teme il peggio adesso che non si tratterà di riorganizzare le attività alla luce della transizione elettrica e degli ormai celebri 4 nuovi veicoli elettrici da produrre a Melfi. Se con il solo passaggio da due ad una linea ci sono queste problematiche, figuriamoci poi. Potrebbe essere riassunto con questo il dubbio che moltissimi lavoratori e i loro rappresentanti sindacali oggi hanno.

Ad oggi infatti i lavoratori che credevano di essere costretti a lavorare su una sola linea aumentando i carichi di lavoro, si trovano a lavorare di meno. E meno ore di lavoro coincidono con più ore di casa integrazione che non da diritto allo stipendio pieno come è naturale che sia.

E poi mancano gli eventuali straordinari, i turni notturni e benefit vari che solo attività lavorative a pieno regime garantiscono. Ed anche la casa integrazione ordinaria non è certo la migliore delle soluzioni.

 “Mentre a luglio era stata prevista col contratto di solidarietà una rotazione della cassa più equa ora siamo tornati a quella ordinaria, così decidono i capi chi deve lavorare e chi no. Solo i più servili matureranno più giornate di lavoro, quindi un salario maggiore”, questo il problema del problema esposto da una lavoratrice dello stabilimento lucano di Stellantis.

Salari bassi sono un problema, ma non può essere solo la carenza di microchip a giustificare tutto

Il problema delle giornate di lavoro per chi vive solo di quello stipendio erogato mensilmente da Stellantis è evidente. Meno giornate significa meno salario.

“La cassa integrazione di questo mese è stata giustificata con la mancanza di microchip provenienti dalla Cina ma dietro questo che è un fatto sicuramente vero, a Melfi in realtà si cerca di nascondere altri problemi, altre incertezze sul futuro. E nel frattempo ci tengono anche sulle spine. Chi si ribella, alza la voce e dice le cose come stanno, lavora di meno, chi obbedisce zitto e buono, invece, racimola qualche giornata in più, e uno stipendio più dignitoso”, così la pensa la lavoratrice intervistata da Basilicata24.it.

Effettivamente non sono pochi i lavoratori che sostengono come in Stellantis e a Melfi, ci sia altro dietro queste fermate collettive. Il trend anche dopo la fusione tra PSA ed FCA è rimasto quello, con un eccessivo ricorso alla Cassa integrazione.

Eppure con la nascita del quarto produttore di auto al Mondo, la situazione doveva migliorare. Ma i vertici aziendali fin da primo giorno hanno sempre sostenuto che produrre auto in Italia è troppo costoso. E si tratta di dichiarazioni che hanno subito messo i lavoratori davanti al dubbio che a Stellantis più che investire e potenziare le attività in Italia, convenisse delocalizzare all’estero.

Lascia un commento