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Transizione ecologica: lavoratori sempre più a rischio

Con la transizione ecologica in agguato, potrebbero essere sempre di più i lavoratori che potrebbero essere soggetti a licenziamento

Nuova 500 Elettrica

Con la sempre più concreta transizione ecologica in agguato, potrebbero essere sempre di più i lavoratori di tutto il mondo che potrebbero essere soggetti a qualche forma di licenziamento o trasferimento proprio con questa motivazione come protagonista assoluta della vicenda. La transizione ecologica sta infatti caratterizzando questi ultimi tempi del mondo dell’auto e potrebbe avere un forte impatto sul destino dei lavoratori del settore e di tutta la filiera.

La questione interessa chiaramente ogni angolo del mondo visto che il processo di transizione sta accelerando fortemente in accordo con una diffusione dell’auto elettrica sempre più corposa. Una condizione fortemente inaspettata come questa potrebbe rappresentare il sorgere di un momento molto complicato per quella che potrebbe essere la sorte di tanti lavoratori che appunto potrebbero vedersi approssimare lo spettro del licenziamento.

In Giappone si comincia già con i licenziamenti dovuti alla transizione ecologica

Così come riporta Carscoops, già in Giappone dove la produzione di vetture è sicuramente elevata si sta cominciando a far fronte a problemi simili. Honda “aveva annunciato a giugno che avrebbe chiuso la sua fabbrica di motori di Moka entro il 2025 come parte del suo impegno verso un futuro elettrico, il che significa che circa 900 dei suoi dipendenti saranno trasferiti in altri siti”, riporta la testata.

Proprio Honda ha spiegato che la transizione ecologica porterà ad una gamma a zero emissioni entro il 2040 puntando quindi ad attività di prepensionamento dei dipendenti di età superiore ai 55 anni di età, già a partire dalla prossima primavera. Condizione che potrebbe essere indicativa della volontà di ridurre la forza lavoro. Come riporta ancora Carscoops: “secondo gli esperti del settore, per costruire un propulsore elettrico occorrono la metà delle parti rispetto a quelle necessarie per costruire una tradizionale unità a combustione interna, la maggior parte delle quali dispone fino a 30mila parti. Questo semplice fattore influenza l’intero gioco delle parti. Per molto tempo, i produttori di automobili su larga scala hanno utilizzato l’esperienza sulla produzione per dominare la parte superiore della piramide industriale con i fornitori che riempiono gli strati inferiori, ma ciò potrebbe cambiare rapidamente”. Di conseguenza il taglio dei posti di lavoro potrebbe sembrare effettivamente inevitabile.

“I veicoli elettrici sono molto meno complicati da costruire. Questo apre le porte a nuovi operatori, che hanno il vantaggio di concentrarsi sulla progettazione e sul software, mentre la produzione effettiva può essere affidata a terzisti”, si legge su Carscoops.

Anche in Europa non va meglio

Foxconn, produttore di elettronica taiwanese, ha già fiutato la questione. La società potrebbe sfruttare la transizione ecologica per soddisfare la clientela target senza andare a realizzare effettivamente nuovi stabilimenti. L’accordo con Stellantis potrebbe andare in questa direzione.

In Germania nel frattempo i licenziamenti pare siano più frequenti che altrove, sempre in relazione alle motivazioni espresse fin qui. L’Istituto IFO per la ricerca economica con sede a Monaco di Baviera ha condotto un sondaggio concludendo che saranno influenzati fino a 215mila posti di lavoro proprio a causa della transizione ecologica. Il 2019 ha visto oltre 600mila posti di lavoro compensare o riguardare la produzione di tradizionali motori a combustione interna, cioè il 40% della forza lavoro.

L’ulteriore preoccupazione è poi dovuta alla revisione del budget dell’utenza che acquisterà i veicoli elettrici, al momento più cari rispetto a quelli con propulsore tradizionale. Insomma, la situazione è in completo divenire.

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