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Crisi chip e consegne auto tardive: cosa succede

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Tutto nasce in pandemia a marzo 2020, quando c’è un crollo della domanda di auto. Allora, i fornitori di chip, perlopiù a Taiwan, decidono di indirizzarsi lì dove c’è tanta domanda: computer, giochi elettronici, tv, smartphone, tablet, dei colossi come Apple, Samsung e altri. Chiusi in casa a fare niente nel mondo, le persone usano piccoli strumenti elettronici per passare il tempo. Ma a un certo punto ecco che la domanda di auto risorge: le Case necessitano di chip.

Infatti, i microprocessori sono alla base delle vetture moderne, anche e ancor più elettriche e con guida assistita evoluta. Tuttavia, Taiwan fa sapere che per adesso ci sono chip solo per i giganti dell’elettronica. Questo è il mercato. Nessuna accusa e nessuna colpa. Semmai, responsabilità di USA e Ue perché dipendono da Taiwan in nome della delocalizzazione sfrenata, e pagata per bene tutta in una volta.

Stellantis, Volkswagen, la stessa Toyota in parte, GM, Ford e altri operatori automotive restano a bocca asciutta. Niente chip: hanno auto bell’e che pronte, ma senza processori, senza diverse parti elettroniche essenziali, per via delle innumerevoli centraline. Chiudono o si fermano le fabbriche. Fa eccezione in gran parte Tesla, che se la cava da sé.

Se un cliente entra in una concessionaria e chiede un’auto in ordinazione, con certi optional, corre il rischio di dover aspettare più del solito, causa carenza di chip. 

La soluzione è semplice: optare per un mezzo in pronta consegna, se c’è, ossia nello stock. Ma con accessori già installati. Una vettura non modificabile.

Chip, quale futuro

E per le prossime settimane? Stando ad AlixPartners, la mancanza di chip porterebbe a ben 3,9 milioni di veicoli prodotti in meno nel 2021 in tutto il mondo. In parallelo si fanno largo le km 0 (auto usate con pochissimi km, quasi nuove) e le vere e proprie macchine di seconda mano. Secondo le stime di Carlos Tavares, CEO di Stellantis, la crisi dei chip continuerà anche nel 2022. La crisi dei semiconduttori, da tutto ciò che vedo, e non sono sicuro di riuscire a vedere tutto, si trascinerà facilmente nel 2022 perché non vedo segnali sufficienti che la produzione addizionale asiatica arriverà in Occidente nell’immediato futuro”, ha detto.

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