in

Formula 1: la Ferrari potrebbe essere stata vittima di una nuova Spy Story

Alcune indiscrezioni forniscono uno scenario raccapricciante. Pare che la FIA sia stata indotta ad indagare sulla Ferrari da una vicenda di spionaggio

power unit

L’ipotesi è perlomeno di quelle che fanno rimanere con le orbite ben distese e la bocca spalancata. Sono passati soltanto pochi giorni dall’ammissione di Mattia Binotto che vedeva nelle direttive tecniche prodotte dalla FIA la causa dei mali della power unit ibrida di Maranello. Ma proprio oggi, da un articolo a firma di Giorgio Terruzzi apparso sul Corriere della Sera, si scopre qualche cosa in più sulla questione strettamente legata alla vicenda che ha condotto la FIA ad aprire un’indagine sulla Ferrari, conclusasi poi con l’accordo confidenziale tra i due attori annunciato soltanto a febbraio inoltrato.

Il retroscena proposto da Terruzzi è legato al fatto che una possibile fuga di informazioni avrebbe attivato proprio l’indagine, ovvero pare che un team competitor abbia ricevuto valide informazioni sulla power unit Ferrari, spingendo la FIA ad indagare più a fondo. Di certo la vicenda appare poco chiara e potrebbe aprire la strada anche alla effettiva ricerca delle cattive prestazioni fornite dalla SF1000 di quest’anno.

Una rinnovata spy story

Terruzzi lo ha affermato senza troppi giri di parole: “c’è una spy story all’origine dei mali che affliggono questa Ferrari” ha scritto sul Corriere oggi. Pare quindi che un team competitor, che ha ottenuto informazioni tecniche sulla power unit Ferrari, abbia condotto la FIA ad intervenire privando quindi la stessa Ferrari di una ovvia competitività apparsa nella seconda parte della scorsa stagione. Se oggi come oggi alla SF1000 pare manchino circa 50 cavalli di potenza, si capisce bene che il valore intrinseco della vettura era stato misurato sulla base di specifiche potenze oggi venute meno. Una situazione quindi che partendo dalla potenza generata si ripercuote su più aree della monoposto.

La questione messa sul piatto da Giorgio Terruzzi parte da una concreta ammissione di un tecnico FIA. L’idea di procedere con questa modalità pare sia nata all’indomani della vittoria di Charles Leclerc durante il Gran Premio d’Italia 2019, disputatosi al solito presso il tracciato di Monza. La SF90 aveva infatti stupito tutti sui rettilinei del tracciato brianzolo, mostrando doti di potenza fuori dal comune. Pare che la power unit Ferrari sia stata giudicata ben presto troppo potente, sebbene come sottolinea sempre Terruzzi “secondo la concorrenza che pure, al pari della Ferrari, cerca e sfrutta cavalli in più lavorando in quelle zone indecifrabili che compongono ogni power unit”.

Ferrari

Quindi la vicenda scende nei particolari quando Giorgio Terruzzi ammette che già a partire dall’autunno 2019 “una chirurgica operazione di spionaggio industriale prese corpo, innescata da un team antagonista della Ferrari con la complicità di qualcuno che della Ferrari conosce i risvolti più segreti. Ad ammetterlo è un tecnico della Federazione Internazionale (FIA) che pretende anonimato mentre racconta come l’indagine federale proprio su istigazione di un team prese il via”. Tuttavia bisogna sottolineare che le contraddizioni non mancano, visto che il giornalista cita appunto che “la modalità per ottenere quelle informazioni risultava illecita”.

Un clamoroso retroscena

Partirebbe quindi da qui una situazione strana e oggettivamente non molto felice e se si vuole riscontrare un “clamoroso retroscena”, come scrive ancora Terruzzi, allora è proprio questo che fissa le basi della disfatta Ferrari. In FIA tutti sanno infatti molto bene che chi produce una power unit opera spesso oltre i limiti oggettivi, fornendo però rischi di irregolarità decisamente minimi. Lo dimostra anche il fatto che in Ferrari non si è arrivati a scoprire una qualsiasi irregolarità. Ma sembra quindi che le informazioni utili agli organi federali siano “servite per imporre a Maranello un compromesso, «segreto», con conseguente azzeramento di una serie di sviluppi, dati come irregolari da chi aveva fornito le informazioni «rubate»” citando ancora una volta Terruzzi.

Si deduce quindi che, come ammesso in precedenza, i conseguenti problemi della SF1000 diffusi su più aree derivano proprio da questa condizione. L’intero progetto della nuova monoposto appare infatti inadeguato se confrontato con una power unit oggettivamente fiacca e votata al ribasso rispetto a quella che forniva i dati per la gestione della monoposto così come era stata concepita inizialmente. Appare ulteriormente evidente che i tecnici della Ferrari hanno dovuto mettere mano ad un progetto che male si abbina ad un motore differente da quello provato in fase di progettazione primordiale.

Quindi Terruzzi fa un’ulteriore ammissione che lascia perlomeno perplessi e provoca anche un po’ di rabbia, vedendo anche come vanno realmente le cose. Pare infatti che il motore della SF1000 sia oggi “secondo molti addetti ai lavori, l’unico motore «pulito» in gara oggi. Perché i retroscena di questa storia mostrano quanto sia impossibile per la Federazione verificare in profondità ciò che accade nelle officine. Salvo soffiate, appunto. Il che garantisce a molti team di viaggiare indisturbati aumentando la potenza delle power unit”.

Pare evidente che per determinare la realtà di una infrazione plausibile, come ammette lo stesso Terruzzi, servono prove che “possono emergere solo se qualcuno spia o confessa” e in questo caso prende ancora più piede l’ipotesi dello spionaggio.

Credibilità in bilico

Non è un caso che a partire da Austin 2019, quella che sembrava una vera e propria rinascita marchiata Ferrari ha cominciato a crollare con le prestazioni che man mano si andavano azzerando. Pare quindi sempre più evidente che a partire da quella occasione negli Stati Uniti, il motorone Ferrari aveva perso il suo slancio. I più assidui a fornire ipotesi e dubbi sulla regolarità della power unit Ferrari furono gli uomini della Red Bull, a cominciare da Max Verstappen che aveva subito accusato la Ferrari di barare.

Ferrari power unit

Quindi in Brasile venne prelevata la power unit Ferrari, quella Honda destinata alla Red Bull e una Ferrari destinata ai team clienti. La FIA voleva confrontarle fino ad ottenere l’introduzione di un secondo flussometro obbligatorio da utilizzare a partire dalla stagione 2020. La vicenda Ferrari si affianca ad una situazione particolarmente strana legata alla Racing Point che è stata accusata di aver ricavato la sua W10 in rosa tramite fotografie e immagini varie. Ma chi ci crede? E in quel caso, fino alla ufficiale protesta prodotta dalla Renault nessuno aveva mosso un dito sebbene in tanti si erano affrettati a proporre confronti e affiancamenti tali da far comprendere l’effettiva somiglianza con la monoposto campione del mondo 2019. Attualmente quindi si sta procedendo sulla base dei sospetti, con la FIA che come scrive Terruzzi “ammette con una certa superficialità nelle analisi, consapevole del terremoto che potrebbe generare un’accusa di trasferimento dati, destinata a coinvolgere anche la squadra campione del mondo. Di contro, se dovesse passare il principio, c’è il rischio che nel 2022 tutti i team legati a Mercedes potrebbero scendere in pista con macchine identiche e velocissime. McLaren e Williams, oltre a Racing Point”.

Una situazione al limite del paradosso. O della vergogna, perché un ingegnere che copia palesemente non dovrebbe nemmeno fregiarsi di tale titolo. Ammettiamolo. In Ferrari vige un lungo rapporto con la storia e un trascorso tecnico di grande fascino; la gente del Cavallino Rampante ripone nella FIA una certa fiducia con la speranza che questa possa un giorno magari fare giustizia, cavalcando la strada dell’indipendenza. La Formula 1, così, rischia di perdere la credibilità ma bisognerebbe anche scoprire come sia stato possibile praticare una così vasta opera di spionaggio che sicuramente otterrà ulteriori approfondimenti presso le dovute sedi. Se lo scenario proposto da Terruzzi venisse confermato in ogni punto, allora ci sarebbe da passarsi una mano sulla coscienza.

Lascia un commento