in

Apoteosi dell’ultimo V12 Ferrari visto in Formula 1

I motori a dodici cilindri rappresentavano una vera e propria icona per la Ferrari e i suoi appassionati, analizziamo l’ultimo V12 di Maranello del 1995

412 T2 5

Dodici cilindri: per i fan della Ferrari questo numero ha rappresentato da sempre una pseudo religione. I primi motori di Formula 1 con una cilindrata fino a 4,5 litri nel 1950 e nel 1951 possedevano dodici cilindri, ma il medesimo frazionamento veniva adoperato persino per il piccolo motore da 1,5 litri del 1964 e del 1965. Con l’introduzione dell’era da tre litri, nel 1966, i dodici cilindri diventarono una specie di dovere per la Ferrari. Inizialmente con un angolo tra le bancate pari a 60 gradi, poi negli Anni ’70 diventati 180 e dopo il periodo sovralimentato a 65 o 75 gradi.

412 T2 1

Ma al termine della stagione 1993 in Formula 1, tutti i produttori di motori avevano salutato il dodici cilindri. L’unica a rimanere fedele all’iconico frazionamento restava quindi la Ferrari. Anche quando Renault aveva cominciato a dimostrare che i dieci cilindri rappresentavano il miglior compromesso. La Ferrari invece si convertirà al motore da dieci cilindri solamente all’arrivo di Michael Schumacher nel 1996.

412 T2 3

L’ultimo V12 della Ferrari fu però messo da parte con dignità. Con un terzo posto nel Campionato del Mondo, una vittoria e 73 punti in classifica. A Monza 1995 entrambe le monoposto Ferrari presenti avrebbero potuto ottenere comunque una vittoria, ma Gerhard Berger si fermerà per la rottura della sospensione anteriore mentre Jean Alesi accuserà un danno al cuscinetto ruota a poche tornate dalla fine del Gran Premio. La Ferrari aveva a disposizione la monoposto più veloce in quell’occasione a Monza; ciò grazie al noto V12.

Il vantaggio in termini di potenza

Il V12 Ferrari possedeva una potenza di 740 cavalli a 17.200 giri al minuto. Sebbene i motori Renault rappresentavano i propulsori dalla massima potenza all’epoca, sulle piste dove le prestazioni in termini di cavalleria contavano più che altrove il V12 Ferrari rappresentava ancora un elemento difficilmente battibile. Di certo i Renault potevano contare su valori di coppia maggiore, su un’erogazione più fluida oltre che su un consumo di carburante inferiore.

412 T2 2

Proprio i dati relativi al consumo di carburante, secondo Gerhard Berger, rappresentarono il più grande difetto del V12 di Maranello: “nella prima parte della stagione pagavamo dazio perché eravamo chiaramente più in difficoltà rispetto alla concorrenza”. Il problema relativo alla guidabilità migliorava invece con il progredire della stagione. La Ferrari riuscì a costruire tre versioni del motore con codice 044. La seconda specifica aveva ottenuto un nuovo scarico. L’ultima, battezzata internamente 044/3, prevedeva infatti una corsa estremamente breve di soli 39,2 millimetri. Il suo marchio di fabbrica era il suo suono acuto, che attraversava ossa e midollo.

412 T2
Michael Schumacher a bordo di una Ferrari 412 T2 col V12

Gerhard Berger ricorda bene proprio quell’aspetto: “pensando all’ultima gara della stagione ad Adelaide, riesco persino a ricordare esattamente il momento in cui mi è venuto in mente: non sentirai mai più un suono simile”. E aveva ragione. Uno degli ultimi dodici cilindri Ferrari si trova oggi nell’ufficio della sua agenzia di spedizioni a Wörgl.

Si prova l’alluminio

Con il ritorno dei motori aspirati nel 1989, la Ferrari aveva optato proprio per il dodici cilindri. Honda e Renault avevano invece scelto di dedicarsi al dieci cilindri mentre Ford rimaneva fedele all’iconico otto cilindri. Il motore da 3,5 litri per la stagione 1994 venne sviluppato sotto la direzione di Claudio Lombardi e Paolo Martinelli, con il contributo dell’ex boss dei motori Honda, Osamu Goto. Il nuovo capo del team Jean Todt portava invece in dote Gilles Simon, dalla Peugeot.

412 T2 8

Il primo passo fu quello di sostituire il blocco esistente realizzato in ghisa con uno in alluminio senza modificarne la lunghezza complessiva. Ma le cose non andarono come previsto: quando il motore in alluminio fu messo al banco di prova, nell’aprile del 1995, non disponeva di abbastanza potenza tanto da essere persino inferiore rispetto al primo prototipo V10 che fu sviluppato in parallelo sotto la direzione di Simon. Conveniva rimanere fedeli alla ghisa. Era anche un motore completamente nuovo. La Ferrari aveva già salutato lo stretto angolo dei cilindri di 65 gradi nel 1994 per propendere verso una disposizione a 75 gradi. Ciò permetteva di ridurre l’altezza complessiva da 520 a 485 millimetri.

Nel 1995 cambia tutto

Dopo i gravissimi avvenimenti di Imola ‘94, gli ingegneri hanno affrontato compiti aggiuntivi facenti parte del disarmo generale voluto dalla FIA che aveva ridotto la capacità cubica a tre litri già nel 1995. Ciò ha colpito il concetto stesso del propulsore a dodici cilindri più duramente rispetto a varianti con meno cilindri. La riduzione della cilindrata costò alla Ferrari circa 90 cavalli rispetto ai circa 70 patiti da Renault.

412 T2 7

Gli ingegneri Ferrari fecero però un piccolo miracolo con la riprogettazione dei loro V12. Con una dimensione di 598x510x432 millimetri, il propulsore risultava il più compatto possibile in accordo con un peso totale non superiore ai 132 chilogrammi. Ma divenne anche fragile. In quella stagione furono almeno cinque i guasti patiti, contro un singolo intoppo marchiato Renault.

412 T2 2

C’è da dire che probabilmente la Ferrari a fine anno avrebbe totalizzato anche un punteggio migliore se la monoposto fosse stata una macchina migliore. La Ferrari 412 T2 era un progetto conservatore e visivamente armonioso, un’auto che non andava particolarmente male ma risultava poco competitiva. Anche se quasi tutte le altre monoposto disponevano già di un muso sollevato, capace di far passare sotto una maggiore quantità d’aria da inviare al diffusore, John Barnard si era ostinato a mantenere un muso basso. A causa degli elevati requisiti di raffreddamento richiesti dal V12, le pance laterali della 412 T2 erano piuttosto voluminose rispetto a quelle visibili su Williams o Benetton. Un dato che disturbava la ricerca di un’aerodinamica ideale. In definitiva il 1995 ha rappresentato l’ultima apoteosi del V12 Ferrari in Formula 1, a bordo di una monoposto caduta nel dimenticatoio per motivazioni piuttosto valide.