La Fiat 126 è una delle utilitarie più amate di sempre, almeno in Italia. Prese il posto della 500, con l’obiettivo di ripeterne il successo. Per il lancio, che avvenne nel 1972, fu scelto il Salone dell’Auto di Torino: l’opzione giusta, per le origini geografiche del modello. L’accoglienza del pubblico fu subito calorosa. Gli ordini non faticarono a fioccare.
Questo interesse si mantenne nel tempo, trovando conferma nella longevità produttiva, maturata in diversi step. La Fiat 126 puntava alla gente comune e sosteneva concretamente la mobilità di massa. Tra i suoi punti di forza, il prezzo di acquisto contenuto e i costi di esercizio ridotti all’osso: la formula giusta per chi non navigava nell’oro.
I positivi responsi commerciali, però, non erano solo il frutto delle variabili economiche. Pure i contenuti erano in linea con i bisogni di chi usava l’auto in quegli anni, prevalentemente in ambito urbano o nelle piccole gite fuori porta. L’utilitaria torinese era perfetta per la città, grazie alle sue dimensioni ridotte, che le regalavano facilità di movimento e di parcheggio.

Un cortometraggio di quegli anni, abilmente confezionato, mostra queste sue doti in forma cinematografica. Lo potrete vedere in coda all’articolo. Nei fotogrammi scorrono diversi momenti di libertà, guadagnati con la Fiat 126, in un periodo storico in cui le città erano già congestionate. Con lei, magari, si era meno chic, ma si guadagnava tempo nella vita urbana e poesia in quella extra urbana. Due fattori non certo secondari, rispetto alla risorsa tempo, che è limitata per gli esseri umani.
Nel tentativo di ripetere il successo della 500, i vertici della Fiat decisero di non stravolgere l’architettura di quel modello, durante lo sviluppo della nuova 126. Ovviamente il progetto era più moderno e con un look completamene diverso, ma sotto la pelle c’era la stessa architettura meccanica. Il taglio stilistico era strettamente imparentato con quello della City Taxi del 1968, una concept car firmata da Pio Manzù, che fece da musa ispiratrice.
Sotto il cofano posteriore della Fiat 126, disposto a sbalzo, trovava accoglienza un motore bicilindrico raffreddato ad aria, da 594 centimetri cubi di cilindrata, in grado di sviluppare una potenza massima di 23 cavalli. Questa energia giungeva al suolo con il supporto di una trasmissione a quattro rapporti. Ottimo lo sfruttamento degli spazi interni, per garantire una buona abitabilità ai 4 passeggeri, almeno in rapporto alle dimensioni esterne, davvero mignon. Il tutto senza pregiudicare l’aspetto estetico, simpatico e accattivante, oltre che ben proporzionato. Non era facile svolgere il compito in questo modo, ma gli uomini della casa torinese seppero condurre al meglio la loro missione.
Le finiture, ovviamente, erano più curate che sulla 500: un fatto naturale, vista la maggiore modernità del progetto, più attento ad assecondare le nuove esigenze del pubblico, diventate di livello superiore. Grande la diffusione che ebbe il modello sulle nostre strade, dove la sua presenza era molto ricorrente. Tantissimi gli italiani che si muovevano in sua compagnia. La carriera della Fiat 126 fu molto lunga, a riprova del successo della formula, ben calibrata dai suoi fautori, che seppero intercettare al meglio le esigenze di ampie fasce del mercato di quel periodo storico ed anche dei successivi.
Basti dire che il ciclo produttivo del modello è andato avanti addirittura fino al 2000, anche se in Europa occidentale lo stop alle vendite giunse nel 1991. Un caso di longevità da manuale. Molto alti i numeri commerciali. In totale, la Fiat 126 prese forma in 4.6 milioni di unità. Se non può essere etichettato come successo questo, ditemi voi a cos’altro riferirsi. Oggi le sue dimensioni fanno ridere: 3107 mm di lunghezza e 1377 mm di larghezza, ma forse fanno ancora più ridere i grossi e goffi SUV che affollano le strade odierne. Sì, la sicurezza e il comfort odierni sono di ben altro livello, ma l’impressione è che ci sia molto materiale sprecato sull’altare di un desiderio poco razionale: quello di apparire.
A sviluppare lo stile della piccola utilitaria torinese provvide Sergio Sartorelli, per il centro stile interno. Chiari gli spunti visivi dalla concept car City Taxi, specie nella parte posteriore. La Fiat 126 non è proprio una bella auto, nel senso stretto del termine, ma sfoggia un look gradevole e simpatico, che piace. Pur essendo una vettura minimalista, come imposto dalla tipologia merceologica, aveva dei buoni contenuti. Soprattutto, sapeva svolgere con estrema dignità il suo compito: quello del trasporto urbano e nelle piccole e medie distanze. Almeno rispetto agli standard i quegli anni.

Qui tutto ruota attorno ai temi dell’economia di esercizio e della praticità d’uso, risolti entrambi in modo brillante. Certo, il fascino non era lo stesso della 500, ma non mancava, nel suo piccolo. Come già riferito, il cammino produttivo e commerciale della Fiat 126 fu costellato di aggiornamenti, per tenere il prodotto al passo coi tempi o con le specifiche esigenze maturate sulla piazza. Un primo step evolutivo giunse nel mese di novembre del 1976, quando fece il suo debutto la seconda serie del modello. I paraurti in plastica la rendevano facilmente distinguibile sulle versioni Personal, abbinate in listino alla versione Economica, più convenzionale e meno sconnessa dalla precedente. Diverse le alchimie dell’abitacolo, con nuovi lessici che si ergevano al rango di ulteriore fattore di differenziazione.
Nel 1977 l’utilitaria torinese divenne più tonica, grazie all’arrivo di un motore da 652 centimetri cubi. Così la potenza crebbe a 24 cavalli. I guidatori potevano apprezzare anche la maggiore elasticità, che rendeva più fluida e meno stressante la marcia, nei vari contesti operativi. Contestualmente giunse una diversa foggia dei fari anteriori. A seguire giunsero le serie unificata ed FSM. Queste presentavano una nuova fisionomia dei paraurti. Sfoggiavano inoltre delle vistose fasce laterali a contrasto, plasmate in plastica. Gli amanti della modernità gioivano, mentre i puristi storsero il naso. Era però il segno dei tempi.
Nel 1985 giunse un altro restyling, con piccoli ritocchi sulla carrozzeria e con qualche significativo intervento nell’abitacolo. Risale al 1987 il debutto in società della Fiat 126 Bis, che si offriva agli sguardi con note visive gradevoli. Sotto il cofano posteriore trovò alloggiamento una nuova unità propulsiva, sempre a sogliola e con raffreddamento ad aria, da 704 centimetri cubi. La potenza massima si spostò più in alto, toccando quota 26 cavalli. Oggi viene da ridere guardando a questa cifra, ma a quel tempo era dignitosa per la missione del mezzo. Con questo step, il ciclo commerciale della Fiat 126 giunse al suo epilogo nella parte occidentale dell’Europa, le cui esigenze si erano ormai spinte troppo oltre le risposte offerte dal modello. Per rivivere la poesia della Fiat 126 e la sua maneggevolezza, consegniamoci la visione del video, della Cineteca Storica Fiat. Buona visione!
Foto | Stellantis Heritage
