L’industria auto non trova pace. Dopo aver superato la crisi dei chip indotta dalla pandemia, ora si trova di fronte a un nuovo rischio di caos nella catena di approvvigionamento, stavolta causato unicamente dalla politica. Il bersaglio è Nexperia, l’azienda olandese di semiconduttori finita nel mezzo del conflitto commerciale tra Stati Uniti e Cina. Due attori che negli ultimi anni non se le sono certo mandate a dire. Stellantis ha reagito con inevitabile allarmismo, istituendo una “war room” dedicata per monitorare e gestire la carenza di chip legata a Nexperia.
Il CEO, Antonio Filosa, ha assicurato agli investitori che l’azienda sta “monitorando giorno per giorno la situazione dei chip di Nexperia” e “spingendo azioni e progetti ogni giorno” per evitare interruzioni.
È una battaglia per i chip di base, i semiconduttori tradizionali utilizzati in sistemi per alcuni banali ma essenziali come i tergicristalli, i finestrini e i comandi delle portiere, per dirne alcuni. La cosiddetta “war room”, quindi, non è altro che quel team di monitoraggio dell’emergenza per gestire nel modo più efficace possibile ogni problema potenzialmente disastroso e prevenire gravi danni per l’azienda.
Il casus belli da tempo snocciolato sui giornali: il governo olandese ha assunto il controllo di Nexperia (di proprietà della cinese Wingtech) sollevando preoccupazioni per la sicurezza nazionale e affermando che le tecnologie dei chip sarebbero potute “diventare indisponibili in caso di emergenza”. Pechino ha risposto con la mossa più ovvia, bloccando le esportazioni dei chip finiti dell’azienda, facendo scattare l’allarme dall’Europa al Nord America.
Le case automobilistiche si stanno affrettando per contenere i danni. Honda è stata la prima a ridurre la produzione negli stabilimenti statunitensi, canadesi e messicani, definendo la situazione “fluida” e apportando “modifiche strategiche”. Volkswagen ha dichiarato di avere chip sufficienti solo per mantenere la produzione per tutta la settimana, prevedendo interruzioni subito dopo. Il CEO di Ford, Jim Farley ha dichiarato ai giornalisti che il problema è “politico”, ammettendo anche di aver parlato sia con i funzionari statunitensi che con quelli cinesi per evitare perdite di produzione nel quarto trimestre.
Intanto, l’industria attende, da una war room all’altra, dove il nemico stavolta non è la malattia, ma l’orgoglio nazionalistico e il rischio che l’assenza di un singolo chip possa interrompere la produzione di migliaia di veicoli.
 
					

