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Stellantis, perché la Borsa non crede al miracolo di Filosa

Nonostante il miglioramento delle spedizioni e la normalizzazione delle scorte Stellantis, la borsa non ha creduto alla “ripresa”.

wall street

Stellantis ha vissuto un giovedì di autentico dramma finanziario, con le sue azioni crollate in borsa di oltre il 10 percento a Wall Street. La ragione di questo tonfo non è stata una performance disastrosa, ma un avvertimento, sottile, sulle possibili difficoltà finanziarie future.

Eppure, a prima vista, i numeri del terzo trimestre sembravano incoraggianti: le vendite sono aumentate del 13 percento, raggiungendo i 37,2 miliardi di euro. La crescita è stata generalizzata in quasi tutte le regioni, ad eccezione del Sud America. Il merito principale va al netto miglioramento degli affari negli States, un’area dove il Gruppo aveva avuto notevoli difficoltà in passato.

borsa di wall street

L’amministratore delegato, Antonio Filosa, subentrato a giugno dopo l’addio (quasi forzato) del predecessore Carlos Tavares soprattutto a causa delle crisi americane, ha espresso un entusiasmo d’obbligo: “Abbiamo assistito a progressi sequenziali positivi e a solide prestazioni, è incoraggiante”.

Il problema riscontrato sui risultati in Borsa ieri, però, non è stato il passato, ma il futuro. Stellantis ha lanciato l’allarme, prevedendo di dover sostenere costi aggiuntivi nella seconda metà dell’anno. Questi costi sono dovuti a “importanti e necessari cambiamenti nei nostri piani strategici e di prodotto”, oltre a una generica miscela di “sviluppi normativi, macroeconomici e altri sviluppi esterni e interni”.

antonio filosa ceo stellantis

Filosa ha anche rilasciato una seconda dichiarazione, affermando di aver “proseguito e accelerato le azioni avviate a gennaio per correggere le decisioni strategiche e operative del passato”. I costi aggiuntivi che hanno fatto crollare le azioni sono, in sostanza, la parcella da pagare per rimediare agli errori commessi prima del suo arrivo. A peggiorare il quadro per Stellantis c’è la revisione delle stime dei costi di garanzia, che si prevede porterà a modifiche e ad addebiti una tantum nella seconda metà dell’anno.

Così, nonostante il miglioramento delle spedizioni nel terzo trimestre, in crescita del 13% a 1,3 milioni di unità, e la normalizzazione delle scorte negli States, la borsa non ha creduto alla “vera ripresa”.