Alla fine il Canada, con tutte le delusioni del caso, ha subito un duro colpo, mentre l’Illinois festeggia. Stellantis, con la sua mossa più recente, ha dimostrato che le promesse di investimento sono scritte sulla sabbia e che il vero motore dell’industria non è l’innovazione, ma il solito, vecchio, commercio internazionale e le sovvenzioni governative.
La notizia, diffusa dal sindacato canadese Unifor, suona come un tradimento per i lavoratori canadesi dello stabilimento di Brampton, in Ontario. La produzione Jeep che era stata promessa per l’impianto canadese, che è fermo dall’inizio del 2024 per un costoso lavoro di conversione in vista della produzione sia di veicoli elettrici che a benzina, sta per essere dirottata verso sud, negli States, in Illinois.
La decisione è parte di un piano più ampio di Stellantis, un colossale investimento di 13 miliardi di dollari annunciato per espandere la produzione negli States del 50% nei prossimi quattro anni. Un chiaro segnale su chi Stellantis considera il suo vero mercato prioritario.
Il tempismo della mossa di Stellantis è, ovviamente, “perfetto”. Arriva subito dopo che un funzionario del Dipartimento del Commercio USA ha dichiarato esplicitamente che l’obiettivo dell’amministrazione Trump sarebbe eliminare l’assemblaggio di veicoli in Canada e spostare quei posti di lavoro negli States. È un’azione così palese da sembrare quasi una vignetta satirica: l’America prima, il resto del mondo può stare a guardare.
Unifor, il più grande sindacato del settore privato in Canada, è ovviamente furioso. La loro presidente nazionale ha chiesto al governo canadese di “usare ogni leva di influenza” per salvare l’impianto Stellantis di Brampton e proteggere i lavoratori. Ma si sa, nel braccio di ferro tra un gigante corporativo che muove miliardi e un governo regionale che cerca di placare gli elettori, i risultati sono spesso prevedibili.
Lo stesso Primo Ministro canadese Carney ha dovuto ammettere, seppur tra le righe, che la decisione di Stellantis è una “conseguenza diretta delle attuali tariffe statunitensi e delle potenziali future azioni commerciali”. La verità è che il settore automotive è un gioco di incentivi e barriere doganali, e chi offre il terreno di gioco più favorevole vince la produzione.