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Stellantis Melfi: preoccupazione per l’indotto

Il primo semestre del 2022 ha visto una pesante flessione dello stabilimento Stellantis di Melfi, il che fa preoccupare pure per l’indotto.

Stabilimento FCA Melfi

I problemi di approvvigionamento dei semiconduttori di Stellantis hanno sortito conseguenze evidenti sullo stabilimento di San Nicola di Melfi, costando una flessione del 17 per cento, tra le maggiori dell’intero gruppo. A scattare l’infelice fotografia è Fim Cisl, secondo cui nei primi sei mesi del 2022 la produzione del conglomerato italo francese si è ridotta del 13,7 per cento in confronto allo stesso periodo del 2021. Le proiezioni lasciano ipotizzare il quinto anno consecutivo di calo con una perdita tra le 200 mila e le 220 mila vetture.

Nello specifico, secondo il report diramato qualche ora fa, il crollo più pesante in termini di volume è quello verificatosi a Melfi. È l’unico stabilimento di assemblaggio veicoli che – precisa il sindacato – segna una contrazione in rapporto al 2021. Se confrontato con il 2019 (il 2020 non va, ovviamente, fede, dato il picco dell’emergenza Covid) è quello con la perdita maggiore, di oltre 59.187 esemplari e un meno 38,7 per cento. Non si raggiungerà i livelli del 2021 e molto probabilmente – recita la nota – saranno costruite intorno alle 150 mila auto nel 2023, circa il 62 per cento in meno in rapporto al massimale conseguito nel 2015.

Stellantis, acque agitate per Melfi: si teme impatto sull’indotto

Stellantis

Una situazione, quindi, da non prendere sottogamba, da imputare alla carenza di microchip. Il blocco causato dai semiconduttori – spiega sempre il sindacato – crea un tonfo maggiori nei principali centri produttivi. D’altronde, Melfi ha costituito per tanto tempo lo stabilimento che da solo ‘sfornava’ la metà delle autovetture di Fiat Chrysler Automobiles, mentre oggi la sua quota veleggia sulla soglia del 38 per cento dell’ammontare globale realizzato da Stellantis in Italia.

stellantis melfi

A pagarne le conseguenze sono stati, anzitutto, i lavoratori, con la discesa da 20 a 15 turni e il relativo impatto occupazionale per circa 1.500 dipendenti. Per scongiurare ripercussioni negative, si è reso necessario adottare diversi strumenti, circa 250 trasferte infra-gruppo, e incentivazioni all’uscita su base al 100 per cento volontaria, che ha coinvolto 830 addetti nell’ultimo anno.

Regna, inoltre, la preoccupazione in merito all’indotto. Perché, com’è ovvio che sia, le aziende facenti parti hanno bisogno di ottenere le commesse inerenti alle nuove tipologie di produzione collegate alle quattro vetture elettriche, le quali usciranno dalla fabbrica lucana nel 2024.

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