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Mirafiori e Torino: come cambiano con l’elettrico

Le prospettive future dello stabilimento di Mirafiori con la realizzazione della nuova Fiat 500 e della città di Torino.

Mirafiori

A furor di popolo, Fiat, e più in generale Stellantis, hanno fatto ricadere su Mirafiori la scelta come stabilimento per costruire la nuova 500. Che fosse un centro produttivo importante era risaputo (parla la storia), ma con la suddetta mossa i dirigenti del gruppo italo francese si sono assicurati il favore dei cittadini torinesi. Rassicurati non solo a parole, ma anche coi fatti, sull’avere un ruolo centrale nel futuro del conglomerato automotive. Lo spirito internazionale della realtà, nata dalla fusione tra Fiat Chrysler e Peugeot Groupe, non andrà a ripercuotersi sul capoluogo piemontese. Il ruolo da protagonista del passato le sarà confermato e mai vi fu prova tanto tangibile.

Mirafiori: da oltre 50 anni la casa di Fiat 500

Mirafiori

Da oltre cinquant’anni Mirafiori si occupa di realizzare l’iconica city car del Lingotto. E andrà avanti nel rispettivo servizio. Per dimostrarsi all’altezza del compito il centro ha ricevuto varie migliore in tempi recenti. Sia a livello di personale che di spazi, si sono apportate alcune correzioni, in risposta alle evoluzioni del mercato. Ne deriva una linea produttiva particolarmente moderna, basata sullo sfruttamento delle dotazioni tecnologiche di ultima generazione. Dalla tonalità bianca, nello stile di una sala ospedaliera o di un laboratorio, sforna appunto la nuova 500 a zero emissioni.

In un servizio pubblicato da Il Corriere della Sera sull’edizione di stamattina, viene sottolineata proprio l’evoluzione intercorsa. Step by step, il complesso di Mirafiori ha assunto un altro volto, profondamente differente. Qualche esempio? Sono spariti, senza lasciare nessuna traccia, gli assordanti carrelli che trasportavano i componenti della vettura, forzando gli operai a seguire i ritmi della catena di montaggio: al loro posto si sono introdotte piattaforme mobili silenziose, progettate ad hoc dal punto di vista ergonomico affinché finiscano per adattarsi ai movimenti del personale, le quali si alzano e si abbassano e dispongono della capacità di capovolgere scocche e pianali.

Il continuo progresso compiuto sotto il versante tecnologico ha poi spinto Fiat a ridurre la forza lavoro manuale rispetto a qualche anno fa. Nel corso del tempo, robot e Cobot, in perenne perfezionamento, si sono sobbarcati parecchie mansioni in passato riservate all’uomo. I numeri parlano chiaro: 60 anni fa Mirafiori contava su 22 mila operai; oggi per costruire la nuova Fiat 500 elettrica ne sono sufficienti appena 1.200.

Una nuova dimensione

Si assiste, in aggiunta, a radicali accorgimenti in termini di tempi produttivi, adesso cadenzati al secondo. Qualsiasi passaggio, pure quello trascurabile in apparenza, viene tenuto nella massima considerazione. Difatti, rientra in un disegno più grande. È sincronizzato poiché per ciascun veicolo elaborato al momento dell’ordine del cliente ne scandisce la costruzione. Ergo, nulla viene lasciato al caso. Non che prima lo si facesse, ovviamente, ma qui siamo davanti a tutta un’altra storia. I progressi compiuti sono talmente evidenti da rappresentare delle constatazioni, non delle semplici manifestazioni di pensiero.

Ciascun pezzo arriva in tempo nella apposita postazione. La stampigliatura del numero di telaio, a dire il vero piuttosto fastidiosa per il fragore del suono emesso, è scomparsa, cedendo il posto a una numerazione realizzata con le sofistiche modalità laser, a garanzia di una precisione superiore. Per concludere, il collaudo alla fine della linea avviene nel massimo silenzio perché i propulsori elettrici non emettono nessun tipo di rumore. Ma qualche richiamo al passato? Sì, uno soltanto: le prese d’aria atte ad assorbire i gas di scarico, quando le vetture venivano messe in moto per le verifiche di rito anticamera dell’uscita dalla struttura.

Mirafiori: il valore dell’impegno di Fiat e Stellantis

La realizzazione di vetture elettriche a Mirafiori attesta l’impegno di Fiat e Stellantis affinché il comparto delle quattro ruote lungo la nostra penisola cambi forma. Il discorso può essere ampliato pure alla città di Torino, che, poco ma sicuro, non è disposta a recitare la parte della comparsa nella filiera nazionale. Lo hanno spiegato in maniera ricorrente il sindaco, Stefano Lo Russo, e il presidente della Regione, Alberto Cirio. Ergo, al di là della 500 a batteria, il desiderio è di gettare delle solide fondamenta.

In linea con il pensiero delle istituzioni comunitarie europee, l’adozione di un approccio più ecosostenibile è un imperativo. La transizione verso le forme di alimentazione elettrica si traduce in ulteriori iniziative. Un elemento visibile del progetto delineato è l’incremento delle colonnine elettriche a disposizione degli abitanti. Spesso divampano le lamentele lungo la nostra penisola circa la carenza di infrastrutture adeguate. Qui i segnali sono a dir poco incoraggianti.

Secondo le informazioni raccolte e condivise dal quotidiano La Stampa, ci sono 196 prese di ricarica, frutto della presenza di 98 colonnine. Sul fronte statistico, siamo dinanzi alla quarta città del Belpaese in rapporto alla popolazione, dietro a Milano, Roma e Firenze. Il numero di “totem” schizza da 98 a 387 se prendiamo in analisi le installazioni delle società private. Che avrebbero intuito la possibile ondata di mezzi green pure tra le fila dei dipendenti.

In quel di Torino le colonnine pullulano soprattutto nei pressi del centro, mentre in periferia siamo ben lontani dal raggiungimento dello stato di saturazione. Si pensi alla Circoscrizione 5, che, a fronte di 121 mila abitanti, conta appena otto colonnine. Sebbene sia strano dirlo, data la posizione centrale nelle strategie di Stellantis, la stessa area di Mirafiori ne annovera davvero poche.

L’investimento ventilato

Tuttavia, le premesse appaiono promettenti. Ciò poiché potrebbe essere lo stesso conglomerato diretto da Carlos Tavares a investire. Se così fosse, sarebbe l’ennesima conferma di attaccamento al territorio e il legame finirebbe per rafforzarsi. A quanto pare, la voglia di installare colonnine nella città di Torino è concreta. Peccato che la burocrazia nostrana complichi le operazioni.

Una regola applicata a Palazzo Civico è quella di dover rispettare una distanza di 250 metri tra due diverse stazioni di ricarica. Non un consiglio, bensì un obbligo e tale diktat arreca disagi. Il fattore in questione limita determinate opzioni, ma, indipendentemente dall’idea precisa in merito, non assistiamo a una situazione drammatica. Anzi, il quadro è piuttosto roseo.

Le osservazioni di Matteo Marnati, assessore regionale piemontese all’Ambiente

Mirafiori

A giustificare le speranze è Matteo Marnati, assessore regionale piemontese all’Ambiente. Il politico ha sottolineato come non occorra preoccuparsi della tenuta della rete di fronte a una maggiore domanda.

Al momento – ha evidenziato – la domanda di energia nella Regione Piemonte risulta più bassa dell’offerta. Di conseguenza, hanno le risorse per far fronte alla conversione delle auto dai carburanti fossili all’elettrico. In buona sostanza, hanno l’autosufficienza energetica. Tradotto: l’energia non manca. L’incremento nella domanda c’è, ma procede a ritmi lenti, non è esponenziale. Ergo, hanno la finestra di tempo necessaria per ultimare gli investimenti.

Gli ultimi dati indicano che il 52 per cento della produzione energetica piemontese proviene da fonti rinnovabili, perlopiù solare e idroelettrico. Adesso, il secondo lo usano già al massimo delle potenzialità, ma perseguono il proposito di crescere sul solare di un 4 per cento annuo nell’arco dei prossimi otto anni, triplicando l’energia veicolata dal sole. Pensano che sia fattibile, sicché gli studi realizzati dagli analisti sul campo hanno rilevato del potenziale nel territorio. Così facendo – ha chiarito Matteo Marnati – diminuiranno di un ulteriore 30 per cento il gas generato nell’area. Attraverso gli incentivi, poi, ci potrebbe essere un boom ancora maggiore, ha raccontato a La Stampa.

Pochi giorni fa Marnati aveva comunicato di puntare all’impiego della biomassa legnosa ai fini energetici, ritenendolo lo strumento chiave per ridurre la dipendenza energetica dalle consuete fonti fossili e per il contenimento dell’emissione di anidride carbonica. A tal riguardo, ha tenuto degli incontri con alcune realtà specializzate nell’erogazione di energia per stabilire l’effettiva possibilità di promuovere sul territorio la filiera corta delle biomasse. Le idee al vaglio sono realistiche, purché – ha commentato ai microfoni dell’Ansa, il Governo venga loro incontro col Pnrr. Perciò scriverà con Cirio a Cingolani e Draghi per chiedere loro di prendere in analisi il progetto in questione.

Mirafiori e il contributo delle altre realtà locali alla mobilità alternativa

È, infine, opportuno ricordare che a Torino prestano servizio diverse compagnie protagoniste della mobilità alternativa. Dei punti di riferimento estranei al comparto dell’automotive, specializzate nella fornitura di monopattini e bici elettriche in sharing nelle sempre più estese tratte ciclopedonali attorno al nucleo cittadino.

 

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