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Accise sulla benzina: si pensa di toglierle per limare gli aumenti

Necessario intervenire sulle accise per tagliare gli aumenti dei carburanti di queste settimane.

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Sarà anche la crisi Ucraina, ma molti sostengono che il considerevole prezzo dei carburanti in Italia (benzina e diesel), dipende dalle accise. In passato Matteo Salvini promise di cancellarle. E adesso che viene chiesto al governo di contenere gli aumenti del carburante, è proprio sulle accise che si pensa di intervenire. Evidente che gioco forza le accise incidono e parecchio su questo costo. Ma in che modo precisamente?

Sono le accise il vero problema dell’elevato costo di benzina e gasolio in Italia?

Ed anche ieri, nuovo scatto del carburante. Nuovo aumento di benzina e diesel. Una situazione per certi versi insostenibile. Da settimane è stata una escalation totale. Un crescendo continuo, senza freni. Un salasso inevitabile, per famiglie e imprese. Il costo del pieno è diventato un serio problema. Molto dipende dalle accise, che molti governi promettevano di togliere, ma che nessuno ha mai tolto. In Italia si pagano le accise più alte d’Europa. E alcune di queste accuse paiono assurde, come quella sulla guerra in Abissinia.

Accise, cosa sono e perché si pagano?

L’accisa è una tassa statale che si applica sulla produzione e sulla vendita di un bene. Una tassa dovuta dal produttore ma che ricade in pieno sui consumatori finali del bene. Infatti alla fine, come accade pure con l’IVA, è sempre il consumatore finale a versarla comprando il bene e consumandolo.

Le accise in genere gravano sui derivati dal petrolio e sui derivati dell’alcol. E i prezzi per i consumatori salgono in maniera esponenziale, come vedremo in seguito. Questo vale per l’alcol come dicevamo, ma anche per i carburanti derivati dal petrolio come la benzina.

Quali accise ci sono e che ancora vengono pagate dagli italiani?

Ripetiamo, sembra assurdo ma oggi si paga ancora una accisa per la guerra in Abissinia.

Le accise gravano ad aliquota fissa ogni mille litri di carburante. È la più grande differenza rispetto all’IVA. Infatti quest’ultima è commisurata al valore del bene e non alla quantità come invece è l’accisa.

Le accise nascono come extra tassazione per finanziare calamità naturali, guerre o particolari avvenimenti di interesse collettivo.

Ma una volta messe, queste tasse non vengono più tolte. E si continua a pagare, ogni volta che si fa rifornimento, anche per emergenze superate da decenni e decenni.

Nel dettaglio le accise che oggi gravano sul carburante sono:

  • Guerra in Etiopia del 1935;
  • Crisi di Suez del 1956;
  • Il Vajont del 1963;
  • L’alluvione di Firenze del 1966;
  • Il terremoto del Belice del 1969;
  • Il terremoto del Friuli del 1976;
  • Lo stanziamento del finanziamento della guerra in Libano del 1983;
  • Il terremoto dell’Irpinia del 1980;.
  • Il finanziamento della missione in Bosnia del 1986;
  • Il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004;
  • L’acquisto di autobus ecologici del 2005.

La differenza con l’estero è enorme

Come è evidente, parliamo di imposte nate da vecchie emergenze, tutte serie e gravi, ma sempre di vecchie emergenze si tratta. Ecco perché c’è chi spinge per porre un freno ed eliminarle.

Anche perché gravano in misura pesante sul costo del rifornimento. Per esempio, il 68% del costo della benzina se ne va in tasse (non solo le accise però), mentre il 64% per il gasolio.

Significa che se oggi la benzina costa 2 euro al litro (ma siamo già ben oltre questa soglia anche per il gasolio), 1,36 euro sarebbe la tassazione mentre il prodotto che compriamo incide solo per 64 centesimi di euro.

Se non si possono del tutto cancellare le tasse, il ridurle sarebbe già una santa cosa. Anche perché è proprio lì che si nota la differenza di quanto il carburante costi altrove rispetto al Bel Paese. Ed è li che si muovono le minacce di sciopero e di mobilitazioni per esempio, degli autotrasportatori. Il prezzo del carburante da solo senza le tasse appare davvero irrisorio.

E si ragiona sul togliere queste accise per contenere il prezzo di benzina e diesel

piano draghi

Il riferimento all’estero vale sia per capire la differenza di costo del carburante, che per prendere esempio su eventuali interventi. Infatti anche il nostro governo è a caccia di soluzioni per ridurre gli aumenti dei carburanti, che per contenere gli aumenti delle bollette. Se consideriamo che più della metà delle merci viene trasportata su gomma, evidente che un incremento del carburante come quello cui stiamo assistendo oggi, colpisce anche i prezzi di qualsiasi bene di pubblico consumo.

L’inflazione è un pericolo serio e si deve intervenire. Sul modello francese, l’esecutivo Draghi ha una soluzione in serbo. Si parla infatti di ridurre le accise (non cancellarle), in misura pari all’Iva in più incassata dall’erario per via dell’aumento dei prezzi. Infatti, aumentando il prezzo del carburante, anche l‘IVA per litro di benzina o gasolio è salita. E si tratta di togliere in percentuale pari all’aumento dell’IVA, una determinata cifra di accise dovute. In sostanza, un buon 10% in meno di costo per benzina e diesel.

Non tanto quindi, sopratutto per chi chiede l’abrogazione totale di queste tasse che di fatto sono riferite a cose vecchie nel tempo e a momenti storici lontani negli anni. Ma è pur sempre qualcosa, soprattutto se si considera che gli aumenti dei prezzi non si sono certo fermati. Anzi, notizia di ieri è che continuano a salire sensibilmente.

 

 

 

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