Dopo un parto travagliato, il 28 settembre 2021 il Governo ha dato vita al bonus auto usate. Dai dentro un usato molto vecchio e compri da un professionista in concessionaria una macchina di seconda mano meno vetusta. Così, inquini meno e viaggi più sicuro.
Idea buona, realizzazione pessima. In Italia, la burocrazia ha ancora una volta fatto danni: c’è stato il flop del bonus auto usate. Che ora non c’è più: iniziativa morta a fine 2021. Perché le cose sono andate male?
Uno. Tutto dannatamente complicato in un mondo già così difficile. Per accedere al contributo, bisognava scegliere un usato di classe ambientale non inferiore a Euro 6. Con un prezzo risultante dalle quotazioni medie di mercato non superiore a 25.000 euro. E con emissioni di CO2 comprese tra 0 e 160 g/km. L’incentivo era concesso solo a fronte della rottamazione di un veicolo della stessa categoria di quello acquistato, immatricolato da almeno 10 anni e intestato da almeno 12 mesi all’acquirente stesso o a un familiare convivente.
Due. Il prezzo risultante dalle quotazioni medie di mercato non superiore a 25.000 euro, chi lo fissava? C’era un qualche listino ufficiale a livello nazionale? Quotazioni medie di mercato in qualche compravendita, fra privati o col professionista? S
Tre. Non si è tenuto conto della crisi dei chip che ha fatto schizzare alle stelle il prezzo dell’usato. Infatti, se ci sono poche nuove, il mercato offre l’usato a prezzo più alto. Nulla di male: tutto funziona così nel libero mercato.
Sconto sulla vettura di seconda mano: che caos
Quattro. Caos per gli importi. L’ammontare del contributo variava a seconda della classe di emissioni dell’auto acquistata. Ossia 2.000 euro per la fascia 0-60 g/km di CO2. E 1.000 euro per quella compresa tra 61 e 90 g/km. Ma 750 euro per le 91-160 g/km.
Cinque. Nel libero mercato, visti gli incentivi, giustamente il professionista era libero di fare il proprio prezzo dell’usato. Lì dove guadagnavi col bonus, perdevi col prezzo di mercato.