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Stellantis Melfi: situazione operai peggiora, molte cose che non vanno

Gli operai sono molto preoccupati per la piega che sta prendendo la situazione allo stabilimento ex FCA di Melfi.

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E dopo ottobre anche novembre e forse pure dicembre sarà precario per i lavoratori dello stabilimento ex FCA di Melfi che oggi è sotto Stellantis. Impossibile o quasi da credere la situazione che stanno vivendo gli operai oggi, forse ancora peggiore di prima della fusione.

Nessuno avrebbe mai immaginato che passando da FCA a Stellantis, la piega della situazione andasse verso il basso. A gennaio dopo fusione tra la nostra Fiat Chrysler Automobiles e i francesi di PSA, cioè Peugeot, Citroen e Opel, è nato Stellantis.

Parliamo di un autentico colosso del settore auto, di una multinazionale con ben 14 marchi tra i più famosi dell’industria automobilistica. Si tratta del quarto produttore mondiale di auto. Eppure i lavoratori dei vari stabilimenti italiani di questa multinazionale, vivono un presente difficile. E lo stabilimento di Località San Nicola di Melfi in Basilicata, non fa eccezione.

Stellantis Melfi, di cosa si preoccupano e lamentano i lavoratori

Sono mesi ormai che i lavoratori di Stellantis lavorano a ritmi ridotti. È dal rientro in fabbrica alla fine delle vacanze estive che i regimi produttivi della fabbrica in provincia di Potenza, sono ridotti. E la cassa integrazione  ormai è diventata una costante per tutti i lavoratori. Senza considerare poi che proprio per via del richiamo agli ammortizzatori sociali, non mancano giorni in cui la produzione è ferma del tutto.

E si tratta di un problema serio questo perché la cassa integrazione è un danno prima di tutto economico per i lavoratori. Certo, ci sono lavoratori che a conti fatti ci rimettono poco rispetto alla loro redditività se si calcolano le spese di viaggio o i pernottamenti in quel di Melfi. Ma parliamo di lavoratori che sono distanti dallo stabilimento. Ed anche per loro comunque, la cassa integrazione non è certo una cosa buona.

In cassa integrazione si percepisce uno stipendio inferiore a quello base. Senza considerare poi che nelle fabbriche tra turni di notte e straordinari, le voci aggiuntive di stipendio non sono poche e incidono molto sui salari e sul netto in busta a fine mese.

Per non parlare del fatto che durante i periodi di cassa integrazione, a meno che l’azienda non intervenga in salvaguardia, non si maturano ratei importanti (ferie, tredicesima e così via). In altri termini, un danno che va ben oltre il semplice ammanco di stipendio.

Tra i perché a Melfi gli operai di Stellantis vengono fermati costantemente, la crisi dei semiconduttori

Il primo motivo scatenante di questa situazione è senza dubbio il fatto che il mercato auto generale è vessato dalla solita e duratura crisi dei semiconduttori. Infatti non è in sofferenza solo Stellantis, ma lo sono anche altri colossi dell’industria automobilistica come Toyota e Volkswagen.

La crisi dei microchip è ormai un dato di fatto che sembra lontana dall’essere ridotta. Si tratta sostanzialmente di quelle parti elettroniche che le auto montano a dismisura oggi, nelle centraline per esempio. E sono di provenienza asiatica, dove a causa della pandemia le fabbriche che li producono sono loro stesse in sofferenza.

Cina, Taiwan e Corea sono i Paesi asiatici da cui le aziende dell’auto (ma non solo visto che i microchip hanno largo utilizzo anche in altri settori), si riforniscono. E oggi vivono con eloquenti difficoltà di approvvigionamento.

La transizione elettrica e l’Italia che è piuttosto indietro

Un altro dato di fatto sostanziale è che il mondo dell’auto è alle porte di una rivoluzione profonda. Infatti dai motori termici si sta passando all’elettrico. Prima le ibride e alla fine motori full electric. E in questo ambito, l’Italia è piuttosto indietro, come dimostra anche il paragone che non regge tra i marchi Stellantis italiani e i marchi Stellantis francesi come Peugeot per esempio.

La cosiddetta transizione elettrica sta lentamente portando fuori produzione e fuori dal mercato molti veicoli. Basti pensare che oggi alcune case italiane come Alfa Romeo e Lancia, producono solo alcuni veicoli. Per esempio Alfa Romeo ha stoppato la Giulietta e si accinge a fare lo stesso con la Giulia. Lancia invece produce solo la piccola Ypsilon.

Ed a Melfi è lo stesso discorso, nonostante siano ben 3 le tipologie di veicoli che vengono fuori dallo stabilimento lucano (Jeep Compass, Jeep Renegade e Fiat 500 X). Il fatto che sia troppo importante l’elettrificazione è dimostrato anche da Mirafiori. L’unico stabilimento che se non fosse per i microchip sarebbe a pieno regime è lo storico stabilimento Fiat di Torino. Lì per esempio, si va avanti grazie alla Fiat 500 elettrica.

I progetti per Melfi vanno verso l’elettrificazione

A dire il vero, sul polo produttivo di Melfi Stellantis ha le idee chiare. Infatti è stato già programmato il lancio di 4 nuovi veicoli elettrici, o meglio, la sua produzione proprio a Melfi. Ma si partirà solo dal 2024, e non si hanno notizie certe su quali saranno questi veicoli. L’unica cosa certa è che saranno 4 veicoli di altrettanti brand di Stellantis, ma non è chiaro ancora quali saranno le case costruttrici interessate da questi 4 veicoli elettrici.

C’è chi sostiene che apparterranno ai marchi italiani cioè Fiat, Jeep, Alfa Romeo e Lancia, ma c’è anche chi dice di avere indiscrezioni che riguardano Citroen, Peugeot e Opel. Fatto sta che gli operai brancolano ancora nel buio, con il futuro che si dice sarà roseo, ma con il presente davvero angosciante.

Pericolo esuberi a Stellantis, anche Melfi pagherà dazio?

Il presente è ciò che maggiormente interessa i lavoratori. Ed il presente come detto è pieno di problemi. C’è chi ha paura che si possa passare ad esuberi e tagli di personale. E se per i lavoratori interni di Stellantis questo è un pericolo che i vertici di Stellantis minimizzano sempre, per i lavoratori dell’indotto i rischi sono concreti.

Si tratta di lavoratori di fabbriche che producono componenti per le auto che vengono prodotte da Stellantis. E in assenza di commesse da parte della casa madre inevitabile che vadano in sofferenza. Su questo Stellantis ha dimostrato di avere le idee poco chiare dal momento che mette davanti sempre il modello francese.

L’indotto delle fabbriche transalpine del gruppo è composto il più delle volte da fabbriche di grandi imprese se non della stessa dimensione di Stellantis, leggermente inferiori. In Italia invece si tratta di piccole realtà imprenditoriali. Ed il piccolo come si sa è quello che paga maggiormente dazio in epoche di profonda crisi.

Senza le commesse di Stellantis ci sono piccole realtà che non avrebbero modo di restare aperte. E chiedere a queste piccole realtà di attendere il 2024 è assai azzardato. E già sull’indotto le ipotesi di riduzione del personale non sono cose così distanti dal tramutarsi presto in realtà.

Stellantis Melfi, tra tagli di linee di produzione e esodi incentivati

Tra le altre cose il primo effetto che la nascita di Stellantis ha avuto su Melfi è il taglio di una linea di produzione. Va detto che Melfi è la fabbrica più grande del gruppo in Italia, dove si producono più della metà delle auto che Stellantis produce ogni anno.

Nonostante ciò le cose non vanno bene. I turni sono aumentati, quando si lavora però, perché lo abbiamo già detto, oggi sembrano più i giorni in cui i lavoratori stanno a casa che quelli in cui si lavora. Per scelta aziendale è stata cessata una delle due linee di produzione di Melfi. Infatti la linea della Jepp Compass è stata chiusa e destinata ad altre operazioni (e c’è chi dice che saranno operazioni oggi dell’indotto che passeranno all’interno di Stellantis).

Adesso la Jeep Compass a Melfi si produce sulla stessa linea della Jeep Renegade e della Fiat 500 X. Qualcuno vede in questo una rivisitazione delle politiche produttive con all’orizzonte delocalizzazione e tagli di personale.

Ripetiamo, i vertici aziendali non hanno in nessun caso fatto accenno ad esuberi, anzi, continuano a sostenere che nessuno rischierà il posto di lavoro. Molti lavoratori però non credono a questo, anche perché nel frattempo sindacati e azienda si sono accordati per far partire piani di incentivazione all’esodo.

Ai lavoratori, anche a Melfi, vengono offerti soldi per dimettersi. Una operazione che doveva riguardare gli operai più anziani, quelli prossimi alla pensione, ma che alla fine sembra abbia ottenuto l’ok anche da parte di giovani lavoratori. E c’è chi vede dietro questo accordo, un piano di riduzione organica con l’azienda che parlando di uscite volontarie anche se incentivate, ne esce pulita.

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