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Autovelox: dopo 10 anni la legge entra in vigore

Province e Comuni saranno d’ora in avanti obbligati a dichiarare l’utilizzo dei proventi dalle multe

autovelox

Habemus papam. Ne è servito di tempo, quasi incalcolabile, prima dell’effettiva entrata in vigore, ma finalmente il provvedimento è realtà. Dopo 10 lunghi anni, tra rimandi e proteste, finalmente in Gazzetta Ufficiale parte il nuovo regolamento. Si tratta del decreto attuativo della L. 120/2010 inerente alle direttive in materia di destinazione del ricavato delle sanzioni successivamente all’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità, anche tramite autovelox.

Cosa vuol dire? È presto detto. In virtù del piano normativo gli enti locali saranno d’ora in poi obbligati a illustrare con precisione attraverso un rendiconto l’utilizzo delle risorse ottenute dalle sanzioni comminate a chi viola i limiti di legge, secondo quanto statuisce il Codice della Strada.

La trafila per arrivare a questo punto ha messo a dura prova la pazienza degli italiani, ma il lungo e laborioso iter potrebbe sortire effettivi positivi degni di nota. Difatti, come rammenta pure l’ASAPS, dovrebbe condurre a una maggiore trasparenza su quanto Province e Comuni realizzano annualmente con le risorse in entrata nel bilancio annuale.

Autovelox: maggiore trasparenza con i fondi raccolti dalle multe

Il punto del provvedimento è facilmente comprensibile: attestare con trasparenza l’effettivo impiego del tesoretto attinto attraverso le multe. Nella fattispecie, il ministero dei Trasporti obbligherà gli enti locali ad esplicitare la modalità d’uso dei proventi. Tutto deriva dalla Legge 120 del 2010, che modifica l’articolo 142 comma 12-bis e il 208 comma 1. Affinché la regola trovasse però piena attuazione si rendeva necessaria l’emanazione di un decreto ministeriale perché nonostante fosse trascorso un’eternità ancora mancava. Difatti, mentre si discuteva di nuova riforma del Codice della Strada, chi mastica un po’ la legge era conscio dei diversi decreti attuativi ancora da pubblicare.

Proventi dei Comuni dagli autovelox: impazzano le polemiche

Il nodo da sciogliere è arcinoto, ovvero spingere le autorità provinciali e comunali a indicare dove finiscono precisamente i soldi delle sanzioni amministrative elevate, in modo da scongiurare uno scenario particolarmente temuto: l’intenzione di battere solamente cassa.

Attraverso il proposito finale di migliorare la sicurezza lungo le strada, se i proventi risultano utili per migliorare le condizioni delle strade, i sinistri calano grazie alla qualità superiore dell’asfalto, dei guardrail e della segnaletica.

Viceversa, se le istituzioni gestiscono il ricavato senza comunicare come, allora quelle stesse risorse potrebbe essere usate a copertura delle spese politiche o altre voci. Nel mirino, soprattutto gli autovelox “abusivi”, cioè senza cartello, né tanto meno preavviso o comunque con limiti di velocità esageratamente bassi in relazione alla strada e al traffico.

Lo schema del decreto attuativo è arrivato a gennaio 2019 sul tavolo della Conferenza Stato-Città e autonomie locali. Il 6 febbraio successivo è avvenuta la riunione tra le amministrazioni coinvolte. Nel corso dell’incontro ANCI e UPI, convocati rispettivamente in rappresentanza di Comuni e Provincia, hanno presentato le loro osservazioni.

La criticità? Gli autovelox appunto, i telelaser, le telecamere, in generale qualsiasi occhio elettrico e il grande sistema che tiene sotto controllo i conducenti. In conseguenza dei dubbi espressi sulla buona fede degli organi territoriali, il ministero obbligherà i Comuni a giustificare le spese effettuate.

Proventi multe autovelox: come saranno ripartiti

La già esplicitata normativa ha predisposto altre significative novità, compresa una secondo cui il denaro proveniente dalle sanzioni scaturenti dall’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità, mediante l’impiego di dispositivi, apparecchi o mezzi tecnici di controllo a distanza, vengano spartiti esattamente al 50% l’uno all’ente proprietario della strada dove si è trasgredita la normativa e a quello cui risponde l’organo accertatore.

Pertanto, dal provvedimento in questione sono escluse unicamente le strade in concessione, quali per esempio le autostrade. In aggiunta, le autorità avranno il tassativo obbligo di destinare i proventi delle multe comminate per le rilevazione dell’autovelox alla messa in atto di interventi manutentivi e di messe in sicurezza delle infrastrutture stradali (142 12-ter), e inoltrare al Ministero dei Trasporti un rapporto dettagliato sul relativo impiego entro il 31 maggio di ogni anno.

Il documento fa riferimento al periodo intercorrente tra il 1° gennaio e il 31 dicembre dell’anno precedente, in cui segnalare le info attinenti al totale incassato di propria appartenenza. Tra i vari elementi la relazione deve obbligatoriamente riportare l’entità dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniari e le info dettagli in merito alla relativa destinazione.

Ritardo di proporzioni bibliche

Una punta di rammarico, o forse più, la lascia però il fatto che si siano resi necessari addirittura 10 anni affinché la tanto invocata revisione al testo legislativo avesse corso, mancando, a causa di infiniti problemi e ritardi, un decreto attuativo in grado di renderla effettiva. E dunque in tanti casi (fortunatamente non tutti) sono andati avanti a gestire senza ritegno il tesoretto incassato dalle multe, destinandole a differenti finalità, solitamente coprire buchi di bilancio della manutenzione e della messa in sicurezza delle strade.

Ora però il decreto, emanato il 30 dicembre 2019 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 20 febbraio 2020 è diventato realtà e già da quest’anno gli enti di competenza saranno chiamati a spiegare in maniera approfondita l’impiego delle risorse scaturenti dalle multe. Sfruttando un modello ad hoc, da trasmettere in seconda istanza al Ministero, su cui riporteranno, per tipologia di intervento, i proventi delle sanzioni in forma dettagliata.

Attenuati i vincoli a Province e Comuni

In un primo momento Province e Comune avrebbero avuto peraltro il tassativo divieto di effettuare controlli di velocità sulle strade. Un “pericolo” scampato, così come quello dei Comuni che non dovranno nemmeno rimuovere le più diffuse e “produttive” postazioni fisse installate sulle strade provinciali.

Per il via libera è occorsa pazienza pure perché le parti in causa faticavano a stipulare un intesa. Tanto sembravano distante da lasciar temere che i negoziati saltassero definitivamente. Nei mesi scorsi la bozza elaborata dal ministero delle Infrastrutture nei mesi pareva tagliare le gambe alle Forze dell’Ordine locali. Sarebbero state infatti escluse dai tratta extraurbani principali.

In aggiunta, gli agenti municipali si sarebbero dovuti togliere di torno anche dai tratti provinciali; al loro posto esclusivamente le pattuglie di vigili, in continua riduzione. Stando al Sole 24 Ore, nell’articolo pubblicato lo scorso dicembre, non pochi enti davano comunque segni di agitazione, giacché non sarebbero pronti a riversare ai gestori delle strade la quota di proventi pattuita dalla L. 120/2010.

Difatti, la manovra avrebbe avuto valore retroattivo, che però non tutti hanno finora accantonato come era invece già obbligatorio. Ecco perché la Conferenza ha accolto un emendamento all’articolo 5, terzo periodo, dello schema di decreto presentato dall’Upi e dall’Anci. Stando al documento per gli anni precedenti il 2019, tempistiche e modalità vanno concordate entro un anno dall’entrata in vigore del decreto, basati su atti ad hoc aventi natura convenzionale, senza i quali il versamento andrebbe comunque adempiuto entro tale scadenza.

Le scadenze

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, il cambiamento legislativo detta precisi obblighi. Innanzitutto, entro il 30 aprile di ciascun anno andrà assalto l’obbligo di versare i proventi, con riferimento agli incassi al 31 dicembre dell’anno prima. Per ciò che concerne il primo anno di applicazione, e pertanto con riguardo alle somme incassate nel corso del 2019, il versamento andrà svolto entro il 30 giugno 2020.

Infine relativamente agli anni antecedenti, come sottolineato dall’emendamento richiesto in conferenza, andranno concordate entro un anno dall’entrata in vigore del decreto, fondate su convenzioni ad hoc, le modalità dei versamenti. In assenza delle convenzioni, la prestazione andrà assolta entro il 31 marzo 2020.

I responsabili della parte amministrativa degli enti sono obbligati a prendere posizione in tale ambito. Entro il 31 maggio i responsabili finanziari (o il segretario) di ognuno avrà il compito di inviare la relazione sugli utilizzi vincolati delle somme incassate. Da ciò la sensazione positiva che stavolta la partita dei proventi sanzionatori sarà monitorata scrupolosamente.

Le giunte comunali avranno, in altre parole, le mani legate e sarà loro vietato commettere determinati comportamenti, senza aver prima debitamente avvisato le parti interessate. In linea di massima, quindi, il decreto ministeriale possiede un indiscutibile valore, anche secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore. Il disagio permarrà nel caso delle autorità che, con riferimento agli esercizi precedenti, non abbiano accantonato le risorse da riversare al Fondo passività potenziali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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