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Fca, Francois: “Come nascono le nostre pubblicità epiche”

Il Chief Marketing Officer del gruppo “svela” il segreto del successo

Fca Olivier Francois

Olivier Francois, Chief Marketing Officer di Fiat Chrysler Automobiles, è così ossessionato dall’inserire i veicoli della Casa automobilistica in spot musicali che ha un rapporto privilegiato con le più grandi etichette discografiche statunitensi. Gli accordi, codificati nei contratti, gli consentono di sponsorizzare Fca in video musicali ogni volta che si rende necessario promuovere un veicolo.

“Quando c’è un’auto, chiamami”, ha detto Francois, descrivendo in modo succinto il business durante un’intervista a margine della conferenza “Masters of Marketing” dell’Association of National Advertisers a Orlando. In cambio dei passaggi in video, Fiat Chrysler spesso si offre di coprire i costi produttivi. Nell’intervista qui sotto riportata, Francois spiega cosa desidera quando associa un marchio a canzoni e band. Parla anche della decisione di non sponsorizzare il Super Bowl in tv presa lo scorso anno (non capitava dal 2009), attivo esclusivamente sui social network. E racconta in che modo collaborano con agenzie pubblicitarie esterne, che di frequente lavorano, contemporaneamente, sullo stesso brand.

Fca, il “caso” Songland: quando il marchio diventa protagonista di uno show

Durante il discorso tenuto sul palco, Francois ha spiegato perché Fca pone così grande enfasi sul collocamento dei prodotti e sulle forme di marketing musicale, inclusa la partnership stipulata con “Songland”, una serie di concorsi per cantautori in onda sull’emittente NBC. Negli ultimi anni il gruppo italo-americano ha contattato artisti di fama internazionale, tra cui Dr. Dre e Carly Rae Jepsen. Gli spot hanno complessivamente registrato oltre 23 miliardi di visualizzazioni, indicate nella proiezione in tempo reale durante la manifestazione. “Queste sono vere visualizzazioni di YouTube, veri occhi, persone vere che scelgono di fare clic su un video che presenta uno dei nostri prodotti”, ha detto Francois.

L’accordo con “Songland” prevedeva che Jeep ottenesse un ruolo da protagonista nella stagione estiva, con i cantautori in competizione per scrivere il brano giusto da utilizzare in uno spot Jeep. Francois è stato incluso nell’episodio, trasmesso ad agosto. Sul palco ANA ha riprodotto una clip per illustrare quante volte “Jeep” è stata menzionata nello spettacolo. “Il marchio diventa come un personaggio nello show, come qualsiasi personaggio in qualsiasi show a cui ti colleghi … ti riferisci”.

Jeremy Renner: viaggio introspettivo nei brani per la Jeep

Francois ha anche promosso il recente accordo di Fca con Jeremy Renner, che ha coinvolto l’attore nel tentativo di far decollare la sua carriera musicale, usando tre dei suoi singoli nelle pubblicità Jeep. Francois ha concluso l’argomento lanciando una frecciatina a Lincoln, che impiega Matthew McConaughey nelle sue campagne mediatiche, inclusa una, girata l’anno scorso, che lo ritrae mentre gioca a biliardo.

“Non fraintendetemi, adoro Matthew come tutti, un attore straordinario”, ha detto Francois. “Ma Lincoln non gli ha mai dato la possibilità di condividere la sua storia. Mostrano Matthew che gioca a biliardo da solo nel deserto. Fantastico”, ha aggiunto, sarcastico. “Mentre noi abbiamo dato a Jeremy Renner una piattaforma per condividere qualcosa di reale su sé stesso.

Francois ha anche descritto lo spot europeo della Fiat con Ava Max, girato in occasione della Milano Fashion Week nelle vie centrali della moda, vicino alla Scala, raggiunte su una Fiat Panda, firmata Trussardi. Per rubare le cinture di sicurezza, anch’esse Trussardi, la cantante rompe il vetro dell’auto. Su YouTube il video ha superato le 20 milioni di visualizzazioni. “Per visioni del genere”, ha scherzato Olivier Francois, “puoi rompere i vetri e tagliare le cinture ogni giorno”.

Ecco l’intervista integrale rilasciata da Olivier Francois (Fca) al sito web Ad Age:

Fca è rinomata per alcune delle pubblicità più iconiche. Qual è il segreto per coniugare il giusto brand, la giusta canzone e la giusta band in un dato Paese?

“Il primo segreto è sicuramente quello di non seguire il gusto personale, per niente. Siamo dei surrogati del target, che dobbiamo ascoltare. Seguo tre regole, tre criteri: significato, autenticità e rilevanza. Il significato è molto semplice: guardo alle parole di tutta la canzone, il titolo per esempio, e mi chiedo: le parole possono funzionare come da copione? Che è esattamente quello che abbiamo fatto per la campagna di Jeremy Renner per la Jeep.

Abbiamo preso tre canzoni: quasi tutte le parole funzionavano, come un copione perfetto. Il titolo può essere lo slogan? Bingo! Questo è ciò che intendo con significato. Poi c’è la rilevanza, che è certamente importante. Non puoi mettere qualsiasi artista in qualsiasi brand, quindi vuoi capire qual è il mercato di questo o quell’altro artista: si sposa con i clienti? Il giusto artista, per il giusto momento, per il giusto target. Quindi c’è l’autenticità, che è ovvia: la musica country è più autentica per la Ram dell’hip hop, la musica rock e folk per la Jeep, mentre la Dodge è più da hard rock. Ogni brand richiede un sound specifico e coerenza: devi riconoscere il suono di un brand che porta all’autenticità. Autenticità, significato, rilevanza”.

Un’altra cosa per cui siete noti sono i grandi, epici spot in occasione dei Super Bowl. Com’è andata lo scorso anno, tornerete alla trasmissione televisiva il prossimo?

“L’anno scorso è andato bene. 109 milioni di visualizzazioni, metà su Youtube, metà su Facebook: si trattava di un esperimento, volevo sapere se fossimo in grado di ottenere altrettante visualizzazioni sui social, che costano meno al confronto, o in tv, dov’è richiesto un impegno non indifferente. L’anno prossimo andremo in tv? È una bella domanda. Come ho detto, dipende da quanto spenderemmo e dal ritorno potenziale, se Fox concorderà il prezzo che vogliamo certamente andremo in televisione. Le probabilità che ciò avvenga sono pari a quelle dei Miami Dolphins in finale (tradotto: molto, molto basse, ndr), ma vedremo”.

State lavorando su pubblicità adatte?

“Sì, potremmo iniziare ora”.

Ci puoi dare qualche anticipazione?

“Quello che vi posso dire non è un indizio: sarà elettrizzante. Abbiamo condotto delle ricerche sulle perfette ads per il Super Bowl. Magari non ci riusciremo, ma stiamo raccogliendo molti spunti e generalmente ne usciamo con un nuovo tema per il marchio, un nuovo slogan, una grande idea. Insomma, stiamo raccogliendo con in mente il Super Bowl, che sia digitale o in tv. Potremmo fare ancora digitale perché ha avuto un grande successo. Ma ci attrezziamo per una mega apparizione al Super Bowl. Vedremo lungo il cammino che cosa troveremo”.

Parliamo delle misurazioni. Nella tua presentazione hai detto che l’organizzazione ti ha dato il permesso di andare fuori dal data lake. Spiegaci meglio.

“Lo dico alcune volte all’anno. Con questo intendevo che ovviamente, per come lo conosciamo tutti, il marketing è una buona combinazione di matematica e magia. Magia e buon senso. Per noi ovviamente la matematica, i dati, l’intelligenza, l’analisi sono molto importanti, così siamo guidati dai dati. Naturalmente, vogliamo essere eccellenti marketers, quindi il buon senso è importante. Ma quello a cui mi riferivo è che, di tanto in tanto, sento di avere il permesso di navigare fuori dal data lake perché la magia non è mai stata trovata nelle metriche QPI, spetta ad altre aree. Dunque, di tanto in tanto vuoi sperimentare qualcosa in te, lo senti nelle viscere: noti un enorme potenziale, non costa troppo… Così vai, provi, perimenti ed è lì che forse troverai la magia. Ecco ciò che intendo. Devi avere una combinazione dei due fattori e sicuramente non puoi essere esclusivamente mosso dalla matematica, non puoi essere esclusivamente mosso dai dati. È per questo che i marketers non sono computer”.

L’ultima cosa che voglio chiederti fa riferimento all’atteggiamento verso le vostre agenzie. So che voi ragionate molto fino ad arrivare a una strategia e confermate così il lavoro da distribuire. Diresti che siete più o meno fidelizzati oggi rispetto al passato?

“Credo che abbiamo creato una buona rete. Siamo stati impegnati con varie agenzie ed alcune sono rimaste insieme a noi, per esempio The Richards Group del mio amico Stan Richards, attiva sull’agenzia Ram. Sono stati con noi dal primo giorno, letteralmente: dal 2009, il primo manifesto del neonato brand, lanciato nello stesso periodo. Possiamo essere estremamente fedeli ai nostri partner. Poi, chiaramente, se non funziona, non ci facciamo molti problemi a cambiare, a provare, tornando al discorso di prima: tentare nuove strade, sperimentare: finché non esponi la compagnia a grandi rischi, perché non farlo? Abbiamo un buon gruppo di agenzie ora e non ci aspettiamo grandi cambiamenti nei prossimi mesi o anni”.

Olivier Francois sul nuovo corso di Fca

Lo scorso mese di marzo Francois aveva delineato i piani commerciali di Fca, in rottura col passato. “Nel piano industriale precedente, quello 2014-2018, la priorità era stata data all’obiettivo di massimizzare l’Ebit del gruppo, i profitti. Operazione giusta, ma noi in Europa abbiamo patito, perché avere quell’obiettivo significava prima dedicarsi a sistemare i truck in America, che hanno i margini di redditività più alti, e quindi Ram e poi la Jeep Wrangler e via dicendo”, raccontava il personale del brand, che proseguiva: “Dirottando i fondi verso quella destinazione si sono dovute sacrificare le berline in Usa, cioè 200 e Dart, che, per via di un quadro eccessivamente competitivo, finivano a dover essere sostenute da forti campagne sui prezzi, e Marchionne diceva: non voglio mettere le limitate risorse di cui disponiamo su prodotti che sono a forte rischio di sconto. Ugualmente in Europa ha chiamato persone che riteneva capaci di gestire l’esistente senza perdere terreno. Luca Napolitano e il sottoscritto hanno cercato di tenere i volumi e di non mollare sui margini, spostando il mix del venduto verso versioni più redditizie. Ora, però, si apre un nuovo periodo, e con esso scenari interessanti per il marchio Fiat”.

Il Vecchio Continente è un mercato ancora importante per Fca. In Europa il marchio Fiat resta, ormai è confermato, e anzi potrà svolgere il ruolo chiave di assicurare la compliance (il rispetto delle norme UE sulle emissioni di anidride carbonica, in vigore dal 2020, ndr)”, dichiarava Olivier Francois -. Bisogna tener conto che il differenziale medio di prezzo sul mercato europeo tra una EV e una termica è di circa 9.000 euro.

Tuttavia, vedeva un’alternativa per rendere la compliance profittevole. “Due equazioni di valore diverse possono permetterci di mettere sul mercato delle EV senza perderci. La prima passa per la strada del premium e coinvolge ovviamente la 500. Il riferimento un po’ chic nel mondo dell’elettrico qual è ? La Tesla. Com’è la Tesla? Bella, cool, costosetta… E la 500? Bella, cool, costosetta nella sua categoria. Noi con la 500 possiamo fare una urban Tesla. Tra l’altro in questi anni il prezzo medio di vendita della 500 si è alzato sensibilmente, grazie a versioni più accessoriate e costose, siamo nel range dei 23 mila euro, non così lontano dalla fascia di prezzo dell’elettrico”.

Dunque, la nuova 500 prodotta a Mirafiori uscirà sul mercato verso la metà del prossimo anno esclusivamente a zero emissioni. Successivamente, potrebbe eventualmente arrivare una versione termica. E poi il dirigente di Fca immaginava un’altra equazione, quella più ardita perché andare con una elettrica nel mass market, cioè in quel segmento B tradizionale, molto competitivo, e lì c’è il problema di trovare i margini. Ebbene, noi ci siamo detti, forse c’è il modo di arrivarci”.

E qui entra in gioco la Centoventi, con i suoi concetti dì semplicità e modularità. “Non saprei se definirla nuova Panda, ma sicuramente raccoglie molte idee della prima Panda, del 1980, che era una low cost totale, ma una low cost cool. La Centoventi riprende questa idea del low cost cool. La filosofia è il taglio dei costi sulla macchina base per ricavare il costo della batteria meno capace, quella da 100 km di autonomia (ci saranno tre livelli di capacità, ndr), in modo da avere un prezzo di listino vicino a quello di una corrispondente auto a combustione. Poi si possono fare tutti gli upgrading che si vuole”.

 “In definitiva il range di percorrenza te lo puoi fare su misura delle tue esigenze – continuava Francois -. Faremo dei clinic e cercheremo di capire le esigenze dei clienti. Ci saranno quelli che diranno che non vogliono niente sotto i 500 km di autonomia e chi non vorrà pagare avere più percorrenza. In mezzo tutte le situazioni intermedie. Ma il bello è che niente è irreversibile: puoi comprare l’auto con il pacco di accumulatori più piccolo e in seguito, se davvero capisci che hai bisogno di un’autonomia superiore, puoi aggiungere batterie. La stessa cosa vale per gli accessori. Questa è un’auto che, partendo da una base estremamente essenziale, ti costruisci tu. Quando la metteremo sul mercato, avremo profilato perfettamente i nostri clienti e li tenteremo con offerte tagliate su misura per loro. Contiamo che nel ciclo di vita dell’auto il cliente cambi tutto, fascioni di plastica, tetto, e così via, almeno due volte”.

Infine, alla domanda se la Centoventi potesse essere messa in vendita con un tradizionale motore termico, Olivier Francois di Fca rispondeva: “Si avrebbe un prezzo d’attacco strepitoso. Si potrebbe anche fare. Però se non la fai elettrica va a perdersi il discorso della compliance.

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