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Fusione FCA Renault, niente accordo: è caccia alle streghe

I governi si scaricano a vicenda le responsabilità del mancato lieto fine

Fusione FCA Renault

Fumata nera nella fusione FCA Renault. Come riportato in una nota ufficiale, la compagnia di John Elkann ha deciso “di ritirare con effetto immediato la proposta di fusione avanzata a Groupe Renault”. Una decisione presa in seguito al rinvio chiesto dai vertici dirigenziali francesi su pressioni del primo ministro Emmanuel Macron. Tuttavia, l’Associated Press offre una prospettiva diversa sulla vicenda, infatti secondo un rappresentante del Governo di Parigi sarebbe stata Fiat Chrysler a tirare troppo la corda.

Fusione FCA Renault: il mancato accordo porta al crollo in Borsa

Il mancato accordo ha provocato un gravoso contraccolpo nel mercato azionario: a Wall Street il titolo Fca ha registrato un meno 3,71 per cento (contrattazioni after hours), mentre per quanto riguarda Piazza Affari il primo prezzo sta perdendo il 3,6% del valore. Due volte peggio il rendimento di Renault a Parigi, crollato in modo fragoroso (-7%).

Il ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, “prende atto” del ritiro dell’offerta di Fiat Chrysler per Renault, garantendo di aver lavorato in modo costruttivo affinché la fusione FCA Renault andasse in porto. “Lo Stato, fin dalla presentazione dell’offerta, ha accolto favorevolmente il progetto e ha lavorato in modo costruttivo con tutte le parti interessate”.

Peraltro, l’intesa era stata raggiunta su tre quarti dei temi principali trattati nei negoziati. “Restava da ottenere il sostegno esplicito di Nissan“, spiega Le Maire. Comunque aveva già messo le mani avanti. Ieri aveva avvertito che il matrimonio non si sarebbe celebrato “a qualsiasi condizione”, lasciando intendere che i piani non stavano andando come previsto.

Le richieste delle autorità francesi

Qualora la fusione avesse avuto luogo, Parigi invocava una sede “operativa” in Francia, assicurazioni su stabilimenti, sull’occupazione; inoltre, un portavoce del governo dove ottenere la carica nel nuovo consiglio di amministrazione che sarebbe dovuto essere paritetico, composto da 4 componenti ciascuno. John Elkann poteva prendere la presidenza, con un francese a ricoprire l’incarico di amministratore delegato: tra i nomi vagliati quello dell’attuale Ceo di Renault, Jean-Dominique Senard. Nella nuova realtà aziendale la partecipazione pubblica transalpina sarebbe aumentata al 7,5%.

I ministri lasciano una porta aperta

L’infelice esito ha concluso una giornata caotica. Il cda di Renault, riunitosi 24 ore dopo a Bologne-Billancourt, vicino Parigi, non ha deliberato, malgrado il meeting sia durato 6 ore. Stando ad alcuni rumors, Nissan avrebbe espresso ostilità riguardo all’operazione, tanto da mettere in dubbio l’alleanza con il gruppo francese.

Il ministro del Bilancio Gerald Darmanin auspica che la porta sulla possibile fusione non “sia chiusa” e ha aggiunto che la Francia riesaminerebbe con piacere una eventuale nuova proposta da parte del gruppo italo-americano. “Le trattative potrebbero riprendere in futuro a un certo punto”, asserisce Darmanin.

Secondo invece il titolare del Lavoro, Muriel Pénicaud, è comprensibile che il consiglio di amministrazione di Renault detti precise condizioni. È normale che il Cda di Reanult chieda diverse settimane, diversi mesi e non diversi giorni per vedere le conseguenze in materia di strategia industriale, di innovazione, di impiego, che è un tema essenziale. Se l’altra parte non vuole prendere il tempo per questo esame, beh, si tratta di normale prassi industriale.

Per quanto riguarda il governo italiano, Luigi Di Maio commenta con toni moderati: “Questo dimostra che quando la politica cerca di intervenire nelle procedure economiche non sempre fa bene. Poi non mi esprimo ulteriormente, perché se Fca Chrysler ha ritirato la proposta non ha visto la convenienza o altro” dice il vicepremier.

 

 

 

 

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