La zona industriale di Melfi è diventata il teatro di una protesta amara e duratura. Stavolta sono gli operai della PMC Automotive a scrivere direttamente alla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, per denunciare un destino che, a tutti gli effetti, suona come un tradimento industriale. I lavoratori, originari di Basilicata, Puglia e Campania, fino a un mese fa assemblavano pezzi per l’ex SATA, per il Gruppo Stellantis, ma ora sono stati messi in cassa integrazione straordinaria a zero ore con la prospettiva della liquidazione aziendale.
La loro storia è un groviglio burocratico iniziato anni fa. Molti di loro erano dipendenti diretti SATA ma sono andati nello stabilimento ex Itca con la garanzia che gli spostamenti fossero “non discriminatori” e necessari per esigenze tecnico-organizzative. Raccontano nella lettera pubblicata da Basilicata24:
“Nel 2014 siamo stati ceduti alla Pmc Automotive, azienda messa in piedi dagli azionisti della Ma e della Proma che attualmente sono ancora presenti nella zona industriale di San Nicola di Melfi con le proprie aziende. Durante gli anni trascorsi abbiamo sempre esclusivamente lavorato e assemblato i pezzi per le tantissime auto poi completate presso lo stabilimento centrale SATA di Melfi. Allo stato attuale, non avendo preso nuove commesse da Stellantis, sulle nuove lavorazioni delle auto di nuova generazione, la Pmc Automotive di Melfi ha avviato la fase liquidatoria, ha posto tutti noi in cassa integrazione straordinaria a zero ore e adesso non gli resta che svuotare lo stabilimento dei macchinari che sono serviti per la lavorazione e l’assemblaggio dei pezzi.
Una cosa senza ombra di dubbio davvero negativa per tutti noi operai. Durante gli anni trascorsi in fabbrica abbiamo assistito e potuto vedere con i nostri occhi un enorme numero di lavoratori precari arrivare nello stabilimento e poi andare via. Prelevati dall’agenzia interinale, sostituiti negli anni con altri lavoratori interinali, ma tutti licenziati. Circa ottocento sono entrati in fabbrica e sono usciti. Nonostante si parli continuamente di un aumento dell’occupazione nessuno di questi lavoratori è riuscito a mantenere il proprio posto di lavoro e dopo aver messo fuori questi nostri colleghi, adesso sembra sia arrivato anche il nostro turno e il rischio vero è quello di essere buttati tutti sul lastrico. Dopo i tanti licenziamenti, con gli incentivi all’esodo, siamo rimasti novanta lavoratori, con le relative famiglie sull’orlo del baratro.
Per adesso, come abbiamo già detto più volte siamo posti in cassa integrazione a zero ore, ma non è questo che vogliamo, vorremmo rientrare in fabbrica perché il lavoro e il salario è una necessità per poter sopravvivere e non si può vivere di cassa integrazione e di sussidi. Siamo davanti ai cancelli della Pmc Automotive di Melfi in presidio, con assemblea permanente dal 13 ottobre 2025.
E’ passato quasi un mese, da quando, invece di andare a casa, abbiamo deciso di restare davanti ai cancelli della fabbrica per protestare e rivendicare il posto di lavoro che ci hanno tolto. Senza il lavoro non ci sarà più il salario che è necessario per poter sopravvivere ed è per questo che noi chiediamo il lavoro. Dopo di noi, nella zona industriale di Melfi anche i lavoratori della Tiberina hanno iniziato a protestare perché prospettano la nostra stessa fine. Abbiamo chiesto a Stellantis di interessarsi della nostra questione e di internalizzare tutti noi nello stabilimento centrale come è internalizzata la produzione.
Fino adesso non abbiamo ricevuto risposte. Il 26 novembre è prevista una nuova riunione al Mimit per affrontare la questione di tutti noi lavoratori. Si dice che vorrebbero riconvertire la fabbrica e salvare i posti di lavoro, ma allo stato attuale sono solo voci, non c’è niente di certo. Le scriviamo per chiederle di sostenere le nostre ragioni”.

