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Stellantis, Melfi: situazione grave, le voci di operai e sindacati

Ancora lamentele dallo stabilimento Stellantis di Melfi, con la Fiom che mette in luce le cattive condizioni di lavoro e con gli operai che testimoniano le difficoltà.

Fca Melfi

Ancora lamentele riguardo alle condizioni attuali delle fabbriche italiane del Gruppo Stellantis. Da Melfi continuano ad arrivare le grida di allarme riguardo ad un concreto peggioramento della situazione lavorativa nello stabilimento. Il fatto che queste grida provengano da Melfi, la dice lunga sul fatto che al momento, delle promesse e degli ambiziosi progetti del colosso dell’Automotive nato dalla fusione tra FCA e PSA, non ci sia ancora alcuna traccia.

Lo stabilimento Stellantis di Melfi

Prima di addentrarci nello specifico di tutte le problematiche dello stabilimento di Località San Nicola di Melfi in Basilicata, meglio capire di cosa si tratta. Lo stabilimento ex FCA di Melfi, in Provincia di Potenza, è uno degli stabilimenti più importanti di Stellantis. Si tratta del polo produttivo dove si sfornano circa la metà di tutte le auto del Gruppo prodotte in Italia. Oggi la produzione è basata sulle Jeep Compass, le Fiat 500 X e le Jeep Renegade. Rispetto agli anni passati a Melfi si è deciso di chiudere nel 2021, una intera linea produttiva, nello specifico, quella della Jeep Compass. Adesso il Suv della Jeep si costruisce sulla stessa linea delle altre due auto prodotte in territorio di Basilicata.

Il piano futuro per Melfi è delineato da tempo ma non convince

Nel frattempo su Melfi sono stati sin da subito abbastanza imponenti i progetti futuri, che per qualcuno sono solo promesse al momento. Parliamo del progetto di costruire a Melfi ben 4 nuovi veicoli elettrici multi brand. Nel futuro di Melfi quindi, 4 nuove auto di ultima generazione di altrettanti marchi della multinazionale italo francese. E nelle ultime settimane è arrivata voce che potrebbero essere due veicoli DS, un veicolo Opel e un veicolo della Lancia. Se si guarda questo punto di vista, gli animi dovrebbero essere sedati, dal momento che parliamo di futuro ben delineato, con 4 veicoli da produrre sulla piattaforma STLA Medium sempre a Melfi. Notizia che dovrebbe garantire lavoro e occupazione, che poi sono gli argomenti più caldi in questi mesi.

La situazione attuale dello stabilimento Stellantis in Basilicata

Ma è altrettanto vero che nel frattempo si continua imperterriti a fermare la produzione, a periodi di cassa integrazione più o meno lunghi. Cancelli della fabbrica chiusi e produzione al singhiozzo, con il contratto di solidarietà attivato fino ad agosto. E contratto di solidarietà vuoi o non vuoi significa meno ore di lavoro per gli operai e meno reddito prodotto per gli stessi. Senza considerare la maturazione dei ratei, garantita da azienda e sindacati quando hanno firmato l’intesa sulla riapertura del contratto di solidarietà, ma su cui i dubbi restano.

Cosa diche la Fiom

Come se non bastassero le ripetute chiusure, anche le condizioni di lavoro in fabbrica sono allarmanti. La Fiom, il sindacato dei metalmeccanici della Cgil, lancia l’allarme. Secondo i rappresentanti dei lavoratori, come si legge sul sito “Basilicata24.it”, Stellantis  sta continuando a rimuovere lavoratori dalle linee comunicando dei mix produttivi poi non applicati. E nel frattempo si continua ad attuare la politica degli ammortizzatori sociali. Ancora il mix produttivo sotto accusa quindi. Un argomento da tempo messo in discussione, viste le lamentele dalla catena di montaggio dei lavoratori. Su un’unica linea vengono assemblate tre diverse tipologie di auto, naturalmente con diverse componenti e diversi metodi.  E senza che i lavoratori sappiano quali sono le auto in arrivo e quante per tipologia. La Fiom è uscita con un comunicato ufficiale in cui mette in luce tutte le anomalie riscontrate e di cui la stessa organizzazione aveva già trattato il 22 marzo scorso durante un recente incontro.

Il comunicato stampa della Fiom

È il continuo peggioramento delle condizioni di lavoro nello stabilimento di Melfi a fare da oggetto del comunicato stampa della Fiom. L’inasprimento delle condizioni di lavoro nello stabilimento lucano di Stellantis è del tutto evidente e non è solo la Fiom ad accorgersene, anche se gli stessi metalmeccanici della Cgil accusano le altre sigle di un concreto ritardo nell’allinearsi alle lamentele. Ritardi che devono terminare, perché secondo la Fiom occorre prestare attenzione adesso, che è una fase importante per lo stabilimento di Melfi. Occorre monitorare il tutto visto che gli investimenti importanti previsti per lo stabilimento dovranno, garantire occupazione salario e soprattutto, il miglioramento delle condizioni di lavoro.

Il punto di vista di alcuni operai è eloquente

Stellantis Melfi

Ciò che dice la Fiom, che nel frattempo richiama all’unità tutte le altre sigle di rappresentanza dei lavoratori, è ciò che si evince dalle testimonianze, che sempre su Basilicata24.it alcuni lavoratori hanno rilasciato, con tanto di lettera alla redazione.

I ritmi insostenibili al montaggio ed il mancato ascolto delle lamentele, sono l’oggetto di una lettera di un operaio al sito prima citato. Secondo l’operaio, da tempo i lavoratori di Stellantis in attività a Melfi, si lamentano dei ritmi insostenibili ma non vengono ascoltati. E l’operaio tira dentro i sindacati, rei di sbandierare i loro risultati riguardo alla conservazione dei posti di lavoro per gli anni futuri,  senza considerare la condizione attuale di lavoro.

Alle riunioni ormai partecipano più sindacalisti che lavoratori, questo secondo l’operaio è una evidente dimostrazione dello scoramento e della rassegnazione che ormai serpeggia tra i ranghi dei lavoratori in catena di montaggio. Il nodo è sempre l’unica linea produttiva rimasta attiva, e la velocità con cui le operazioni in catena di montaggio vanno avanti durante i turni.

Come è cambiato il lavoro in catena di montaggio per Stellantis a Melfi

Sulla linea arrivano le auto senza una sequenza prestabilita a priori. Il ritmo di 400 auto a turno è insostenibile senza organizzazione preventiva, con le auto che arrivano alla rinfusa tra Jeep Compass, Jeep Renegade e Fiat 500 X, che come detto sono auto diverse tra loro. Inoltre, anche se i sindacati sbandierano i risultati raggiunti e la salvaguardia dei lavoratori, inevitabile sottolineare che tutto questo non è propriamente vero. All’aumentare del sovraccarico di lavoro sulla linea e durante i turni, si deve aggiungere anche la riduzione degli operai. Magari non la chiameranno riduzione di organico, ma il fatto che siano stati più volte aperti canali di incentivazione all’esodo volontario, con premi in danaro e agevolazioni alle dimissioni volontarie, hanno prodotto un minor numero di lavoratori effettivamente in servizio.

I termini pratici, meno lavoratori in servizio e condizioni di lavoro peggiorate dal un mix produttivo forse da limare. Senza considerare poi che per le ripetute chiusure della fabbrica, i pochi giorni di lavoro sono diventati maggiormente stressanti vista la mole di lavoro da svolgere. Inevitabile pensare a ciò che accadrà dal 2024 se è vero che in virtù dei 4 nuovi veicoli elettrificati da costruire a Melfi, si arriverà all’ambizioso numero di 400mila veicoli all’anno.

Le altre problematiche che mettono in luce i lavoratori

Ma c’è anche dell’altro, perché le problematiche sulla linea di produzione fanno il paio con tante altre, a partire dai servizi. Ci sono operai che parlano solo di promesse e non di fatti concreti. C’è chi parla di uno stabilimento che va al contrario e cioè che se produce di più va peggio. È il contenuto delle dichiarazioni di un altro lavoratore che ha scritto al sito “materanews.it”.

Nonostante Melfi continui ad essere il più grande polo produttivo del Sud Italia e tra i principali d’Europa, i segnali che arrivano non sono certo buoni. La cassa integrazione prolungata fino a maggio e il contratto di solidarietà riaperto fino ad agosto non possono essere che notizie allarmanti. Senza considerare la riduzione piuttosto netta di alcuni servizi essenziali, come la mensa per esempio, o anche la pulizia. Inoltre si sollevano seri dubbi sui ripetuti utilizzi della casa integrazione. Una volta per carenza di microchip asiatici, l’altra per mancanza di ordini. Ma poi è anche vero che quando si ritorna in fabbrica le 200mila auto all’anno devono essere assicurate. Con seri dubbi all’interno dello stabilimento, che le fermate e le chiusure a ripetizione, siano per lo più strategiche e non dettate da crisi e cose simili.

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