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Stellantis: dal termico all’elettrico, ingranaggi e cambi

La transizione elettrica mina l’occupazione, questo è ciò che molti pensano, anche perché cambieranno le modalità di costruzione delle auto, ecco cosa rischia di accadere in Stellantis.

Carlos Tavares
Carlos Tavares

Per il momento l’attesa è tutta sulla presentazione del piano industriale di Stellantis che il suo CEO Carlos Tavares presenterà. La data prevista è per il primo marzo, quando il manager portoghese oggi Amministratore delegato di Stellantis (nel ruolo che una volta era di Sergio Marchionne tanto per intenderci), svelerà le carte sui progetti futuri del Colosso dell’Automotive.

Da gennaio 2021, cioè da quando si è materializzata la fusione tra PSA ed FCA, tutti attendevano il piano industriale, i progetti futuri di Stellantis e cosa avrebbe riservato per le tante fabbriche italiane del Gruppo.

Le paure per i posti di lavoro e i dubbi relativi al futuro sono sempre tanti e probabilmente il primo marzo verranno fugati. Anche se aspettarsi cose diverse da una dichiarazione netta sull’indirizzo che Stellantis prenderà verso l’elettrico è un esercizio azzardato.

Ad occhio Tavares dirà che ormai è la transizione elettrica l’obbiettivo e questo però espone ad alcune perplessità circa il futuro delle nostre fabbriche e soprattutto il futuro di numerosi lavoratori. Sarà anche vero che l’elettrico è il futuro, è una opportunità, ma si tratta di una autentica rivoluzione che mette a repentaglio inevitabilmente la stabilità occupazionale nei poli produttivi dell’Azienda.

Cosa dovrebbe dire il CEO di Stellantis il primo marzo prossimo

A meno che Tavares il prossimo primo marzo non cacci il classico coniglio dal cilindro spiazzando tutti, può essere già ipotizzato l’indirizzo delle sue dichiarazioni. Si inizierà con il fatto che la transizione elettrica imposta dall’alto (le istituzioni di mezzo mondo viaggiano ormai verso la mobilità green), è la strada che anche Stellantis prenderà.

Dirà che occorre stringere i denti, perché in Italia siamo piuttosto indietro da questo punto di vista come infrastrutture. L’elettricità che costa troppo (e forse mai come in questo particolare periodo di rincari), i costi di produzione che in Italia sono troppo alti, la necessità di contenere le spese e la carenza degli aiuti statali saranno argomento forse inevitabile.

Sicuramente arriveranno le rassicurazioni del caso

Mirafiori

Prima i problemi e a cosa stare attenti quindi. Ma poi si passerà alle rassicurazioni sulla salvaguardia dei posti di lavoro, anche se quando si parla di occupazione Stellantis non può che guardare al suo “orticello”, senza considerare l’indotto per esempio.

E poi si passerà alla conferma della Gigafactory di Termoli, alla conferma delle 4 nuove auto elettriche di Melfi. Ed anche all’importanza strategica e industriale che Lancia, Alfa Romeo e Fiat hanno per Stellantis. Senza considerare la conferma della centralità di Mirafiori per la transizione elettrica.

Sono tutte ipotesi queste, che facciamo in base a ciò che è accaduto in questi 14 mesi di conoscenza con quello che è a tutti gli effetti il quarto produttore mondiale di auto, una multinazionale dell’industria automobilistica che conta ben 14 marchi e che ha fabbriche in numerosi Stati.

La transizione elettrica e il cambio delle modalità di produzione

Ciò che andrebbe detto però, riguarda la giusta applicazione delle nuove tecnologie e dei nuovi processi produttivi delle auto di ultima generazione rispetto alle precedenti. Cambia inevitabilmente tutto se si passa dal produrre auto a benzina o a gasolio, ad auto ibride o elettriche. Cambiano i pezzi da montare, cambia la struttura del veicolo. Ed i dubbi arrivano in riguardo a quei lavoratori che producono o montano componenti specifici delle auto a propulsione termica.

Un problema questo forse sottovalutato ma che ha rimarcato Giorgio Airaudo, segretario regionale della Fiom Cgil Piemonte. In Piemonte sorge il grande stabilimento di Mirafiori, che adesso ha assorbito anche le attività della ex fabbrica Bertone di Grugliasco (Maserati) ormai prossima alla definitiva chiusura.

Il contenimento dei costi era e resta l’obbiettivo di Stellantis

Inevitabile che i sindacati piemontesi siano attenti a ciò che si dice e si attende per Stellantis. Troppo importante il polo produttivo torinese per l’intera Regione e anche per l’intera Penisola.

E il dubbio è che non è ancora chiaro che fine faranno gli operai che oggi producono cambi e ingranaggi, tanto per citare un esempio di una attività relativa a componenti presto inutili nella transizione verso l’auto elettrica. Questo è solo un esempio di ciò a cui andranno incontro gli operai da Nord a Sud ed in ogni stabilimento.

E se è vero come sostengono i sindacati, che l’azienda mira a contenere le spese, una soluzione di risparmio non può che essere quella che tocca l’occupazione. Lo dimostrano i recenti provvedimenti di incentivazione all’esodo che sono stati adottati da Stellantis con l’avallo degli stessi sindacati.

Ridurre i costi è ciò che lo stesso Amministratore delegato Tavares ha sostenuto subito alle prime visite in Italia. E tagliare l’occupazione, anche con provvedimenti diversi dai licenziamenti secchi, è un pericolo che resta vivo. Naturalmente, salvo che Tavares il primo marzo dica il contrario.

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