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Stellantis, i sindacati scrivono ai Ministri Orlando e Giorgetti

Fermate, cassa integrazione e crisi dei componenti costringono i sindacati a scrivere al governo.

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Stellantis vive una situazione particolare in Italia e la vive fin dalla sua nascita ad inizio 2021. Problemi a non finire soprattutto in Italia per il colosso nato a seguito di fusione tra FCA e PSA.

Si ferma la fabbrica Sevel (Società Europea Veicoli Leggeri) di Atessa, a Val di Sangro in Abruzzo. E si parla di furgoni Fiat Ducato.

E si blocca pure lo stabilimento ex FCA di Melfi, in provincia di Potenza, in Basilicata. In questo caso si parla di Fiat 500X, Jeep Renegade e Jeep Compass.

Stessa cosa pure per lo stabilimento ex FCA di Pomigliano D’Arco, in Campania, a Napoli. In questo caso è l’utilitaria Fiat Panda.

In pratica, dopo le ferie estive Stellantis rinvia il ritorno in fabbrica. A Melfi per esempio, slitta tutto al 13 settembre, ma già si parla di produzione garantita solo per 5 giorni nel mese, al momento.

A Pomigliano invece, la fabbrica praticamente è ferma da luglio, con chiusura imposta che si è collegata alle ferie estive.

E adesso i sindacati chiedono incontri e spiegazioni ai vertici aziendali e scrivono al governo Draghi, o meglio, ai Ministri interessati direttamente da queste problematiche. Una lettera che chiama il governo a prendere parte alla vicenda.

Un governo che molti ritengono assente dalle beghe di Stellantis, soprattutto a confronto col governo francese che ha una partecipazione nell’azienda come l’aveva con PSA prima della fusione.

Stellantis, i motivi di una situazione insostenibile

Ed alla fine i sindacati hanno deciso di scrivere una lunga lettera ai Ministri Orlando e Giorgetti. Una lettera unitaria in cui si richiede l’intervento della politica per dirimere le evidenti vicissitudini che emergono dall’universo Stellantis degli stabilimenti italiani. Ed anche quelli che oggi appaiono non interessati dalle fermate, non vivono situazioni tranquille, anzi.

Lo spettro della riduzione di personale e occupazione, confermato anche dal “trucco” degli incentivi all’esodo, e la concorrenza delle fabbriche straniere anche interne a Stellantis (ne è esempio la situazione dello stabilimento polacco di Gliwice in riferimento alle produzioni della Sevel di Atessa), sono allarmi da tenere in considerazione.

Per questo si è deciso di chiedere l’intervento del nostro esecutivo, scrivendo ai Ministri del Lavoro e dello Sviluppo Economico.

La lettera dei sindacati ai due Ministri, ci si muove in un campo minato irto di difficoltà

La carenza dei microchip, la Polonia, la cassa integrazione, gli incentivi all’esodo, gli interinali, nel calderone della precaria situazione degli stabilimenti italiani di Stellantis c’è davvero tutto. Ed i sindacati metalmeccanici per la seconda volta scrivono ai Ministri.

Serve secondo le sigle sindacali, un tavolo sul settore Automotive con Stellantis. I sindacati spiegano che dovrebbe avviarsi una discussione dal momento che anche la stessa azienda Stellantis ha visto calare la produzione di veicoli di un buon 20% per via della carenza di quei semiconduttori che arrivano da Cina, Corea e Taiwan.

In pratica tutti sulla stessa barca ed il momento per discuterne è propizio anche perché come pare, la crisi dei semiconduttori durerà anche per il 2022. Come si legge sul sito “Affaritaliani.it”, che riporta la lettera dei sindacati integralmente, gli stop alla produzione ormai sono a macchia d’olio così come i richiami alla cassa integrazione.

Le fermate che fanno discutere, perché Stellantis adotta questo sistema?

“Gli stop in Italia per tutto settembre degli stabilimenti della Sevel di Atessa in Val di Sangro (Abruzzo), di Pomigliano e di Melfi ora arrivano, dopo un crollo della domanda per l’impatto della pandemia (e il settore auto stenta a ricuperare i livelli pre-Covid), in un contesto che deve fare i conti con la transizione ecologica del mercato delle quattroruote, la riconversione di interi comparti dell’indotto e una fusione in corso”, così inizia la missiva dei sindacati, che di fatto sottolineano in quale campo di crisi generalizzata oggi ci si deve muovere.

I sindacati poi richiamano alle problematiche che si evidenziavano già all’atto della fusione. Una fusione che che “già al momento del varo presentava criticità su sovrapposizioni, sovraccapacità produttiva e ammontare dei costi complessivi che per gli stabilimenti italiani, come spiegato dallo stesso Tavares ai sindacati, sono superiori a quelli delle fabbriche spagnole e francesi”

La concorrenza con gli altri Paesi del Mondo Stellantis è evidente e probabilmente le condizioni generali di lavoro e tassazione in Italia ci mettono in una situazione di debolezza. Tra l’altro i sindacati nella lettera sottolineano come si sia arrivati ad una situazione particolare dove “i siti produttivi dei singoli Paesi dell’impero Fca-Psa si fanno concorrenza portando ognuno avanti le proprie rivendicazioni”.

Prima che sia troppo tardi quindi, prima che Tavares e soci decidano di delocalizzare o di ridurre la produzione in Italia per favorire altri Paesi, ecco che si richiede il pronto intervento delle Istituzioni, nelle figure di Giancarlo Giorgetti, Ministro dello Sviluppo Economico e Andrea Orlando, Ministro del Lavoro.

Stellantis, arrivano segnali negativi per il settore lavorativo italiano, a Melfi in primo luogo

“I segnali che stanno arrivando dal quarto gruppo mondiale delle quattroruote non sono rassicuranti. Sul futuro di Sevel e Melfi, i due stabilimenti fiore all’occhiello del gruppo in Italia che fino ad oggi hanno lavorato senza subire stop e prima in sicurezza,  si addensano nubi di forte incertezza”, così i sindacati nella lettera snocciolano i vari problemi specifici dei vari siti produttivi Stelantis nel Bel Paese.

“A Melfi, uno dei più grandi stabilimenti di Stellantis in Europa, con 7.200 addetti e all’attivo quasi la metà delle auto prodotte in Italia (sforna Fiat 500 X e le Jeep Renegade e Compass e ospiterà la piattaforma del gruppo per la produzione di 4 modelli ibridi ed elettrici) nel primo semestre dell’anno sono state prodotte 112.976 vetture, il 37,5% in più rispetto al 2020 ma ancora sotto del 26% rispetto ai volumi pre-Covid. Trend che non invertirà con la fermata di settembre (dal sito usciranno 8 mila vetture, per un totale di circa 5-6 giorni lavorativi complessivi nel mese), così si sono espressi i sindacalisti.

Come dire, a Melfi nonostante le chiusure e le fermate, l’azienda conta di continuare a sfornare veicoli, e come si farà è ancora un mistero.

La situazione della Sevel di Atessa e dei furgoni di Stellantis

Ma se Melfi ha le sue problematiche, anche la Sevel di Atessa non fa eccezione. Infatti nella missiva si legge che “in Val di Sangro, dove si assembla il Ducato, come veicolo di punta di un sito dove l’ex Fca lavorava anche per la concorrenza come Peugeot e Citroen, la produzione (300 mila furgoni) rischia di venir condivisa e settata al di sotto delle richieste di mercato, un ridimensionamento che potrebbe impattare sia sull’occupazione diretta che sull’indotto industriale della componentistica”.

Un calo di produzione netto quindi per la Sevel, che giustifica la fermata post ferie estive ma che si scontra con quanto sta accadendo in Polonia, in un altro stabilimento Stellantis, quello della Opel.

Secondo i sindacati, “la fabbrica sta subendo la concorrenza del sito polacco (ex Opel, si produceva l’Astra) di Gliwice, dove Stellantis ha deciso di anticipare a febbraio 2021 rispetto ad aprile 2021 la produzione del Ducato che a regime sarà di 100 mila unità (ma potrebbe essere maggiore) e che a fine 2022 potrebbe raggiungere già le 40-50 mila unità, con un investimento di 280-300 milioni”.

In altri termini, mentre in Italia alla Sevel si chiude e si pensa a ridurre, in Polonia a Gliwice si investe e si anticipano le attività, a tal punto che sindacati polacchi hanno anticipato che c’è un programma di nuove assunzioni nel sito produttivo.

Tutto confermato anche dalla fabbrica di Val di Sangro. Infatti, sempre i rappresentanti dei lavoratori hanno messo in luce il fatto che dalla Sevel partono alla volta di Gliwice, intere fiancate del furgone da assemblare in Polonia. E ci sono alcune fabbriche dell’indotto abruzzese che di fatto oggi lavorano per Gliwice e non per Atessa.

Le tasse ed i costi in Italia necessitano di un intervento del governo

La lettera che i sindacati hanno scritto, chiede al governo anche un cambio di rotta dello Stato, che deve interessarsi delle problematiche di Stellantis. Allo stesso tempo però, lo Stato deve anche cercare di venire incontro alle richieste di Tavares.

Il CEO di Stellantis chiede un abbattimento dei costi produttivi in Italia. Incentivi e riduzione della tassazione sarebbero necessari quindi.

Lo dimostra il fatto che la Polonia ha esteso fino al 2026 alcuni incentivi (parliamo delle Zone Economiche Speciali), con tassazione ridotta. Sarà anche questo il motivo per cui Stellantis guarda alla Polonia, perché incentivi e tasse ridotte sono un appeal anche per il colosso dell’Automotive.

L’Italia paga dazio anche dal punto di vista tecnico ed i sindacati lo sottolineano attentamente.

Infatti secondo i rappresentanti dei lavoratori, “c’è la minaccia dell’impoverimento industriale rappresentata da Gliwice”.

Il momento è topico. Infatti siamo “alla vigilia della sfida europea della futura produzione del nuovo furgone (ora sono in prevalenza a motore diesel). Ed in Polonia stanno meglio. Infatti a Gliwice, i nuovi impianti sono montati su piattaforme modulari Peugeot.

E sono piattaforme più flessibili rispetto a quelle italiani customizzate sul modello Ducato. In Polonia sono tutti iper-automatizzati (si parla di automatizzazione al 96%). I costi di produzione dei nuovi furgoni sono più bassi di circa 900 euro”.

In Italia parte la smobilitazione di Stellantis

Ritornano alla mente quindi, le parole di Tavares in visita a Mirafiori ad inizio anno. In Italia i costi di produzione sono troppo elevati, questo disse il CEO di Stellantis. E poi, qualche settimana fa, sempre il Manager portoghese disse che in Italia non si può mantenere lo status quo. Come dire, ok tutto, ma poi occorre fare bene i conti.

E tra le altre cose, la tutela dell’occupazione, che proprio Tavares garantì parlando dell’Italia, potrebbe essere venuta meno. Infatti su Stellantis gravava un vecchio impegno preso da FCA con lo Stato.

Fiat Chysler Automobiles sottoscrisse un impegno con lo Stato, che era quello di tutelare i regimo occupazionali delle fabbriche italiane del gruppo. Un impegno preso come contropartita di una garanzia statale su un prestito che FCA aveva contratto.

Un prestito che adesso Stellantis, accendendo altre linee di credito ha estinto. Venuto meno il corrispettivo della garanzia statale, ovvero la salvaguardia dei lavoratori, Stellantis ha mano libera. In pratica, Stellantis può adesso fare ciò che vuole. E naturalmente nell’interesse dell’azienda e degli azionisti più che dei lavoratori e delle singole fabbriche.

In altri termini, a Stellantis interessa produrre veicoli, che poi lo si faccia in Italia o altrove poco conta. Sono le regole del mercato e delle aziende.

L’allarme dei sindacati non è campato in aria. Lo abbiamo già detto prima. Infatti con gli incentivi all’esodo si pagano i lavoratori per farli dimettere. Una riduzione di personale che non ha come obbiettivo un turnover visto che non esistono progetti di nuove assunzioni o ampliamento degli organici dei dipendenti.

Nulla a che vedere con il progetto polacco per esempio, dove a Gliwice sembra si amplierà di 500 unità il parco dipendenti. In Italia invece sembrano partiti i primi movimenti di ridimensionamento. E le fermate, come si nota anche a Pomigliano d’Arco con lo stop alla produzione della Panda e con la fabbrica che di fatto è chiusa da luglio, continuano incessantemente.

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