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Carenza microchip e semiconduttori, l’Occidente dipende dall’Asia

La carenza dei microchip alla base delle ripetute fermate e della riduzione della produzione in Stellantis e tra i competitor del colosso italo-francese

Stellantis

Servono oltre 5 mesi di attesa per un microchip, questo lo stato attuale della situazione relativa ai semiconduttori di cui tanto si parla oggi in materia di Automotive. Purtroppo, la carenza di queste componenti stanno mettendo in ginocchio il settore produttivo dell’automobile in tutto il Mondo, Italia compresa naturalmente.

La carenza dei semiconduttori è alla base delle innumerevoli problematiche di produttività, forse di più anche della crisi economica proveniente dalla pandemia.

Anche in Italia mancano i microchip

In Italia le conseguenze più rilevanti di questa carenza sono quelle di cui si ha notizia dall’interno degli stabilimenti Stellantis, con i lavoratori costretti a lunghi periodi di cassa integrazione, con le fabbriche che lavorano a regime ridotto da tempo e così via.

Ma perché questa carenza e perché non si risolve la situazione cambiando modalità di approvvigionamento o addirittura, provvedendo a produrre da soli queste componenti? Una domanda a cui cerchiamo di dare risposta traendo spunto dalle parole di Ludovico Ciferri, presidente di Advanet (azienda del gruppo Eurotech che si occupa dello sviluppo di prodotti informatici altamente customizzati), intervenuto a Sky TG24 Business.

Il problema dei semiconduttori? Ormai i microchip si producono solo in Asia

La carenza dei semiconduttori è un problema di Stellantis, come anche il CEO Carlos Tavares ha detto. E se ne accorgono senza dubbio pure i lavoratori dei tanti stabilimenti italiani del gruppo, da Melfi in Basilicata, a Mirafiori in Piemonte o a Pomigliano in Campania.

Ma si tratta di una carenza globale che riguarda anche i competitor del gruppo nato dalla fusione tra FCA e PSA. Infatti notizia delle ultime settimane è il calo di produzione anche in colossi del calibro di Toyota o Volkswagen per esempio.

Toyota taglia la produzione mentre Stellantis ferma altri due impianti, questo lo stato attuale della situazione. Da qualche mese a questa parte si è accentuata la crisi per tutte le case costruttrici a cui servono queste componentistiche per le centraline delle aiuto che costruiscono.

Se Toyota ha già annunciato che per i prossimi mesi ci sarà un taglio del 40% del regime produttivo originario, non va meglio per Stellantis. Il Colosso italo francese Stellantis ha già annunciato che in due stabilimenti francesi, la produzione verrà messa in pausa. In pratica, anche in Francia succede ciò che accade in Italia da tempo, e nei prossimi mesi, stop anche oltralpe.

Alla base di tutto, il fatto che l’approvvigionamento occidentale di queste componenti ormai deriva tutto dai Paesi asiatici dove vengono prodotti.

Gli Stati Uniti d’America infatti, sono scesi in classifica in materia e dall’essere al primo posto come Paese produttore di microchip, sono stati scavalcati dai Paesi asiatici.

E nel frattempo il mercato dell’auto va alla grande o quasi

Ciò che si verifica a livello produttivo nelle fabbriche di auto in Occidente in queste settimane, centra poco con ipotetiche crisi del settore a livello di mercato. E non centra nemmeno la tanto dibattuta crisi economica per via della pandemia. Anzi, il mercato dell’auto va alla grande, almeno rispetto al 2020.

Lo dimostrano i dati ufficiali di diverse case costruttrici e lo dimostrano anche le parole dell’Amministratore delegato di Stellantis. Carlos Tavares infatti, nel presentare i dati del primo semestre 2021 (il primo post fusione), ha snocciolato numeri importanti in materia di ricavi aziendali.

Quindi, le casse integrazioni, le fermate collettive delle fabbriche, la riduzione dei veicoli prodotti e così via, dipendono, insieme al fatto che è in atto la transizione verso l’elettrico, soprattutto dalla carenza dei semiconduttori.

Nel primo semestre del 2021 le vendite di auto in Europa hanno nettamente superato quelle del primo semestre 2020 e ridotto sensibilmente lo scarto rispetto al primo semestre del 2019, ultimo anni pre-Covid.

Dove si costruiscono i semiconduttori così necessari alle case costruttrici

La carenza di questi piccoli componenti elettronici, nanometri fondamentali per gli oggetti tecnologici su cui vengono adoperati, sta riguardando diversi settori. Ad essere colpito maggiormente però è stato il settore automobilistico. Questo perché i semiconduttori sono sempre più utilizzati visto il livello tecnologico che hanno raggiunto le auto oggi giorno.

Il COvid e la crisi economica non centrano nulla, se si escludono però i casi di stabilimenti asiatici dove ci sono stati periodi di chiusura derivanti dai focolai di Covid al loro interno. Non sarà dipeso tutto da questo, ma in una fase di crisi come questa, anche una fabbrica che chiude alcune settimane per il Coronavirus, contribuisce ad aumentare il disagio.

Come ha sottolineato Ludovico Ciferri, il già citato presidente di Advanet, il Mondo occidentale si è autoinflitto una dipendenza radicale nei confronti dell’Asia. Parliamo di Paesi come la Corea, la Cina e Taiwan. Infatti è da questi Paesi che ci si approvvigiona di più. Per questo le nuove chiusure delle fabbriche asiatiche, dovute a casi di contagio tra i dipendenti, hanno prodotto questo ennesimo rallentamento delle forniture.

L’Occidente investe di nuovo in semiconduttori?

Come dicevamo, gli USA erano all’avanguardia in materia. Ma il settore dei semiconduttori ha perso appeal. Il motivo sta nel fatto che il garante dei diritti di proprietà intellettuale a livello mondiale ha sdoganato il prodotto. Investire sulla tecnologia, spendendo soldi e risorse, per poi vedersi piratare il prodotto dai competitor, fa diventare un prodotto meno appetibile.

Comunque dagli USA arrivano piani di investimenti piuttosto rilevanti. Basti pensare che secondo Ciferri per mettere a terra un impianto produttivo di semiconduttori ci voglio tra i 10 e i 20 miliardi di dollari. E negli States si è creata pure una task force con il compito di verificare la possibilità di ovviare alla carenza dei semiconduttori con un proprio paino produttivo.

Intel come azienda è in movimento con stanziamenti importanti. Resta il fatto che in una singola auto sono necessari circa 3.000 microchip e da questo deriva l’assoluta importanza del prodotto per il settore dell’auto nonché l’enorme richiesta di cui la produzione necessita.

Come la vedono dall’interno quelli di Intel

Come si legge sul sito di Skytg 24, “Secondo gli amministratori delegati di Intel e dell’europea ST Micro electronics, la carenza non è destinata a risolversi prima del 2023. Per mettere a terra gli investimenti e far funzionare le nuove fabbriche previste negli Stati Uniti e in Europa, anche in Italia dove il governo punta tutto su Mirafiori, ci vorranno infatti degli anni”. Come dire, difficile superare nell’immediato questa difficoltà e quindi, con buona pace dei lavoratori, ancora per svariati mesi servirà proseguire così, tra alti e bassi a livello di produzione.

Cosa si prepara in Italia sui microchip

Intel ha interessi in Italia, ed anche se le difficoltà a mettere a terra uno stabilimento di componentistica sono tanti, come dicevamo prima in riferimento alle problematiche statunitensi, si pensa a Mirafiori come sede di una fabbrica di semiconduttori.

Troppo importanti i microchip al giorno d’oggi e lo saranno sempre di più per via del passaggio alla elettrificazione. Per via delle tante difficoltà a livello di investimenti, nulla è certo. Ma forse in Piemonte lo sanno già e non si fanno illusioni, soprattutto dopo la doccia fredda presa per la Gigafactory. Tutti ricordano infatti che la fabbrica di batterie per auto elettriche doveva sorgere a Mirafiori. Poi invece è stata presa la decisione di spostare la collocazione a Termoli in Molise.

Che l’Italia possa essere ideale come territorio per il far sorgere nuovi stabilimenti di semiconduttori, è evidente. Ed anche in sede Ministeriale, con il Ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti se ne sta discutendo.

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