Tesla “boicottata” dalla Casa Bianca? Il clamoroso motivo

Ippolito V
La Tesla sembra essere sempre vista di cattivo occhio dal Governo degli Stati Uniti: motivo che si cela sotto ha del clamoroso
Tesla Model Y

Tesla ha da poco reso noto che il credito d’imposta corrisposto dal Governo federale degli Stati Uniti sull’acquisto delle auto elettriche potrebbe ridursi l’anno prossimo. Stando ai calcoli effettuati dagli esperti di settore, potrebbe addirittura dimezzarsi. Difatti, con le nuove regole emanate dall’amministrazione Biden la quota di materie proveniente dagli USA dai Paesi dove vige il libero scambio dovrà essere almeno pari alla metà. Ergo, la Casa texana rischia di perdere l’agevolazione.

Perché la Casa Bianca “boicotta” le Tesla

Tesla Model 3

Difatti, le Model Y e Model 3, le sue best seller oltreoceano, prevedono nelle proposte entry-level delle batterie LFP (litio-ferro-fosfato) provenienti dalla CATL, il maggiore produttore al mondo, avente la sua sede nella terra dei dragoni. Data la campagna adottata da Elon Musk per far schizzare alle stelle le immatricolazioni, verrebbe da ritenere una svolta drastica.

Qualcosa già lo si scorge, ad esempio attraverso l’implementazione di nuove celle 4680 presso le Gigafactories in Nevada, Fremont e Texas. Inoltre, ha avuto il via la realizzazione di una raffineria di litio sulla costa del Golfo da 380 milioni di dollari. Già da quanto sappiamo possiamo, perciò, affermare con assoluta certezza che la compagnia non se ne sta con le mani in mano. Ciononostante, le recenti previsioni degli analisti invitano a dubitare circa le possibilità di tagliare il “cordone ombelicale”.

In collaborazione con Fronteo, Nikkei ha ha creato una mappa riportante la provenienza delle materie prime adoperate dalla Tesla. Ebbene, il 40 per cento della catena di fornitura di materiali e componenti delle sue vetture arriva dalla Cina. Inoltre, le compagnie del Paese asiatico esercitano una grossa influenza pure nell’ottenimento di materie prime cruciali quali il litio o il cobalto. Alla luce delle indagini condotte, da uno a dieci il grado di dipendenza dalla Cina della Tesla è calcolato in 5,7.

In definitiva, la sensazione è che prima di svincolarsi dagli accordi sottoscritti, raggiungendo una buona indipendenza serviranno più di appena pochi mesi. La palla passa ora nella metà campo della Tesla, che avrà il compito di smentire con i fatti di sapersi muovere con le proprie gambe. I progetti imporranno probabilmente un periodo di gestazione. Qualora i crediti d’imposta diminuissero del 50 per cento allora verrebbe meno pure il vantaggio competitivo goduto dalla Tesla nell’ultimo periodo, quando, a suon di tagli applicati sui prezzi di listino, ha spinto in maniera decisa verso l’alto il numero di registrazioni.

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