Autovelox fatto saltare in aria, il capo dei vigili ora a rischio

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I nuovi sviluppi della vicenda relativa al dispositivo fatto esplodere in provincia di Padova
Autovelox Cadoneghe

Ci sono nuovi sviluppi in relazione all’autovelox fatto saltare di recente nell’hinterland di Padova, che faranno sicuramente piacere alle migliaia di automobilisti che sono stati multati prima dell’episodio. Stando alle ultime indiscrezioni trapelate, infatti, il dispositivo in questione, e anche l’altro collocato in zona, non è stato installato in maniera corretta. Per effetto di quanto riscontrato, quindi, le multe dispensate, oltre 24mila nell’arco di un solo mese, potranno essere contestate e annullate.

A fare le spese del disguido, ora, potrebbe essere il comandante della polizia locale, sul quale è stata avviata un’indagine, tesa appunto ad appurare il motivo per cui gli autovelox non rispondono alle norme vigenti. L’inchiesta sarà condotta dagli investigatori coordinati dal PM Benedetto Roberti, cui spetterà il compito di verificare eventuali responsabilità nell’errata operazione di installazione.

A prescindere dai risultati dell’inchiesta, torna però all’ordine del giorno la questione degli autovelox, dispositivi avvertiti ormai come un’odiosa imposizione. Se dovevano essere uno strumento teso a limitare la velocità degli autoveicoli e aumentare la sicurezza sulle strade nazionali, con il passare del tempo si sono invece rivelati una scorciatoia per fare cassa da parte degli enti locali.

La vicenda di Padova è emblematica in tal senso, con la distruzione di uno dei due dispositivi incriminati salutata alla stregua di un atto libertario da un gran numero di cittadini. Con il protagonista ormai avvertito dall’opinione pubblica alla stregua di un eroe. Un sentimento che dovrebbe senz’altro indurre ad una riflessione amministrazioni e politica.

Autovelox Cadoneghe

Autovelox di Padova: oltre 4 milioni di euro in multe

Oltre 4 milioni di euro: questo il vero e proprio bottino cumulato dall’autovelox poi fatto esplodere a Cadoneghe, nella provincia di Padova. Si tratta di una cifra di assoluto rilievo per un comune di 15mila abitanti, anch’esso costretto a fare i conti con i tagli agli enti locali ormai ricorrenti. Tagli resi necessari dalle politiche di bilancio imposte dall’UE, cui troppi di essi vanno ad ovviare con gli ormai famigerati dispositivi che erogano multe a ripetizione.

Le polemiche sugli autovelox sono ormai vecchie e puntano su una serie di aspetti controversi. A partire da quello che è avvertito alla stregua di un conflitto di interessi: agli appaltatori, infatti, troppo spesso viene riconosciuta una percentuale sulle sanzioni comminate. Un conflitto che, però, secondo la Corte di Cassazione, investita della questione nell’ottobre del 2022, non esisterebbe (sentenza 28719).

A prescindere dal conflitto di interessi, però, le questioni relative agli autovelox sono tante e continuano a far infuriare un gran numero di utenti delle strade. Anche perché se un dispositivo va ad erogare ben 24mila multe in un solo mese, sembra abbastanza evidente che non può che essere avvertito alla stregua di una vessazione da una categoria molto particolare, composta spesso da persone che con l’auto vanno al lavoro e non la utilizzano per semplice diletto.

Le questioni irrisolte e il caso di Trento

Per capire meglio la questione, occorre a questo punto ricordare che ad oggi, di fatto, manca un regolamento in grado di stabilire come debbano essere omologati i dispositivi, non solo a livello italiano, ma anche europeo. Ne discende che senza omologazione gli autovelox non potrebbero essere installati. Al contrario, ormai da anni si procede con la loro approvazione, che è comunque cosa diversa dall’omologazione indicata come obbligatoria dalle normative.

Un vero e proprio controsenso che ha spinto un cittadino di Trento, Filippo Cozzini, a lanciare lo scorso anno una petizione su change.org denominata “Autovelox illegali”. Petizione accolta da oltre 60mila firme in tre settimane. Proprio lui ha peraltro ricordato come la stessa Corte di Cassazione, nella sentenza numero 8694 del 27 marzo 2022, abbia affermato che “…le apparecchiature di misurazione della velocità devono essere periodicamente tarate e verificate nel loro funzionamento e l’effettuazione di tali controlli deve essere dimostrata o attestata con apposite certificazioni di omologazione e conformità.”

Senza contare che il Codice della Strada, precisamente con l’articolo 142 comma 6, afferma testualmente: “Per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate”. Con una ulteriore precisazione, questa volta indicata dall’articolo 45 comma 9, secondo il quale gli autovelox non omologati andrebbero confiscati.

Autovelox, il caso limite di Firenze

Altro caso clamoroso balzato agli onori delle cronache è poi quello di Firenze, dove alla fine del 2022 un giudice di pace ha deciso di accogliere un ricorso promosso dall’associazione di consumatori ADUC, contro le multe seriali da autovelox e ingressi in Ztl e corsie preferenziali mal segnalate. Un caso che aveva provocato grandi rimostranze, in quanto il Comune, come ricordato dall’associazione commina le multe notificandole solo in concomitanza con lo scadere dei 90 giorni indicate per l’operazione, a termini di legge.

In pratica, chi compie gli stessi tragitti, per i più svariati motivi, può essere oggetto di ripetute multe per la stessa infrazione, proprio perché non è al corrente della multa elevata. Al di là della decisione presa dal giudice di pace, il quale ha deciso che devono essere annullati i verbali impugnati ad eccezione del primo in ordine di tempo, emerge chiaramente come l’autovelox non rappresenti uno strumento teso a limitare la velocità e aumentare la sicurezza stradale, bensì un espediente per fare cassa sulla pelle degli automobilisti.

A rendere eclatante il caso, è stato un semplice numero: 400mila. Ovvero quello di coloro che a Firenze sono incappate in questo provvedimento, nell’arco di dodici mesi. Dato aumentato del 620% in un solo anno. Il fatto che la notifica arrivi a distanza di mesi, impedisce infatti agli interessati di avere l’esatta percezione dell’infrazione. All’atto pratico si sono così verificate sanzioni complessive per migliaia di euro e decurtazioni di punti sulla patente.

La giudice di pace Sonia Sarno ha quindi deciso di accogliere i ricorsi con una motivazione del tutto condivisibile: con questo modus operandi è saltata la funzione rieducativa della multa. Multa che è diventata quindi semplicemente punitiva, perdendo quindi di significato e trasformandosi in un semplice modo di far cassa.

Una vicenda la quale, per le modalità che l’hanno contraddistinta, fa capire i motivi per cui l’ancora ignoto sabotatore di Cadoneghe venga considerato un vero e proprio eroe da un gran numero di automobilisti esasperati. La speranza è che il governo prenda finalmente la questione in mano, in modo da risolverla. Al proposito occorre ricordare quanto affermato da Matteo Salvini alla Camera dei Deputati, nel passato mese di aprile: “Condivido la necessità della regolamentazione per evitare gli usi impropri, visto che in alcuni casi vengono usati solo per fare cassa”. Parole determinate del resto dall’entità delle cifre in ballo. Solo nel corso del 2021 hanno fruttato agli enti locali 46,9 milioni di euro.

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