Audi, tre anni di ritardo sulle elettriche: come la Cina può salvarla

Ippolito V
I continui ritardi di produzione fanno correre Audi ai ripari: per l’elettrico sta valutando una misura d’emergenza
Audi

Operazione riscatto. Dopo aver mandato giù diversi bocconi amari in passato, il marchio Audi cerca ora di risollevarsi, attraverso un portafoglio elettrico di alto profilo. Su direttiva del numero uno del Volkswagen Group, Oliver Blume, la Casa di Ingolstadt dovrà voltare pagina. Se ne è avuta la conferma con la cacciata di Markus Duesmann, il cui posto di amministratore delegato verrà presto, a partire dal prossimo 1° settembre, da Gernot Dollner. Un cambio ai vertici che dovrà essere accompagnato da risposte importanti sul campo, soprattutto nel comparto delle bev. Perché il successo futuro passerà soprattutto da lì.

Audi studia un “piano B” per le elettriche

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A tal proposito, i piani della compagnia di fare affidamento sulla piattaforma modulare Scalable Systems Platform (SSP) della società madre sono stati disattesi, almeno nel breve-medio periodo. Difatti, l’architettura da 800 Volt, in grado di ospitare pacchi batteria di ultima generazione, ha sofferto dei continui ritardi, a causa delle risapute difficoltà ingegneristiche. Nella più rosea delle ipotesi sarà disponibili nel 2029, ovvero con un ritardo di ben tre anni rispetto alla tabella di marcia iniziale, scrive Autocar. Che sottolinea come, per stessa ammissione di un alto rappresentante del brand, abbia definito inadeguati sia il pianale Modular Electric Toolkit (MEB) sia il Premium Platform Electric (PPE).

Per gli alti standard delle Audi non sarebbero la decisione più adatta, il che costringe a guardarsi intorno. Perché slittare ulteriormente le uscite è tutto fuorché un’opzione. In caso contrario, il gap già sofferto in rapporto a Mercedes e BMW aumenterebbe e allora ricucire il gap sarebbe sì un’impresa titanica. La soluzione individuata, alla quale Blume in persona avrebbe concesso il suo benestare, consisterebbe nello stringere un’intesa con un partner cinese.

Il primo nome sul tavolo è quello di Geely, la cui Scalable Electric Architecture (SEA) trova già impiego da parte dei diversi marchi europei sotto il suo controllo. Nonostante abbia dei stretti legami con Mercedes è open-source e aperto alla fornitura ad altre aziende. La seconda strada porta a Foxconn, autore della Mobilità in Harmony (MIH), piattaforma dedicata alle bev. Infine, la terza e ultima opzione si chiama BYD, ormai in procinto di sbarcare pure sul suolo italiano. Una decisione definitiva non è stata, comunque, al momento presa: i prossimi mesi potranno dirci qualcosa in più. Nel frattempo, l’Audi è impegnata con la fabbricazione di un nuovo stabilimento proprio in Cina, in collaborazione con First Automobile Works (FAW).

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