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Stellantis: non sarà facile vedere una gigafactory del Gruppo in Italia

I dubbi della FIOM sono relativi alla possibilità che in Italia non venga prevista alcuna giga factory a marchio Stellantis

Stellantis

Nell’incontro fra il Presidente del Consiglio Mario Draghi e i vertici di Stellantis si gioca una partita importantissima per il prossimo futuro del gruppo che racchiude ciò che erano FCA e PSA. È già chiaro infatti che il Recovery Plan prevede uno stanziamento di 80 miliardi di euro da destinare alla transizione energetica, una cospicua parte dei 209 miliardi di euro previsti dall’Unione Europea.

Pare chiaro che l’incertezza del futuro si trascrive in un più che ovvio malessere diffuso tra le sigle sindacali, alcune fra queste sentite dallo stesso Mario Draghi. La volontà è stata quella di fare il punto sulla situazione e sulle tante vertenze, a cominciare da quelle che interessano ovviamente proprio Stellantis.

Già nelle scorse settimane si è compreso che l’elettrificazione avrà un ruolo decisamente centrale nelle strategie del prossimo futuro di Stellantis: come abbiamo già discusso, la produzione di Stellantis dovrebbe infatti prevedere il 70% di vetture elettrificate a listino già entro il prossimo 2030. Un ruolo fondamentale, discusso dallo stesso Tavares, sarà quello che ricopriranno gli hub utili alla produzione di batterie di nuova generazione per provare a risultare sempre meno dipendenti dalle proposte orientali.

Difficoltà per la giga factory in Italia

Se con i sindacati è stato discusso anche l’aspetto relativo al blocco dei licenziamenti che potrebbe portare a conseguenze di certo non piacevoli per quanto riguarda quegli stabilimenti che attualmente viaggiano a passo d’uomo dopo il 30 giugno. In ogni caso, l’accordo instaurato da Stellantis con lo Stato Francese, già socio del super gruppo italo francese, e con quello tedesco prevede la realizzazione proprio in Francia e Germania di due giga factory. La notizia che però potrebbe interessare il nostro Paese è quella relativa all’introduzione di altre due giga factory entro il 2025: una di queste sorgerà negli Stati Uniti, mentre l’altra troverà posto ancora in Europa.

Le speranze che una di queste possa trovare posto in Italia sembrano purtroppo ridotte all’osso, almeno a sentire le parole di Giorgio Airaudo, che è segretario di FIOM Piemonte, rilasciate a Il Fatto Quotidiano: “il nostro governo si deve muovere e in fretta. Tavares ha spiegato che la produzione delle batterie è legata ai volumi di vetture. E su questo fronte, c’è un Paese che ci batte con numeri elevati: la Spagna. Lì, nel 2020, sono state prodotte 2 milioni e 250 mila auto, nonostante un calo del 19,6% per la pandemia, e con la presenza di quattro marchi: Seat, Peugeot, Renault e Ford. Dal solo stabilimento Peugeot di Vigo, sono uscite 500 mila vetture. In Italia invece c’è un solo produttore, Stellantis, che nel 2020 ha messo assieme 500 mila auto, 450 furgoni commerciali e un saldo negativo delle vendite. Cifre che parlano da sole”. L’ipotesi Spagna potrebbe quindi essere quella più plausibile in tal senso.

Una condizione di questo tipo potrebbe portare esclusivamente conseguenze negative all’automotive italiano del futuro. Perdere una possibilità di questo tipo potrebbe infatti risultare un problema per il futuro degli stabilimenti: “non si parla solo di batterie, ma anche di accumulatori e cambi sia elettrici che meccanici per i veicoli plug-in, con delle forti prospettive per l’indotto. Bisogna agire, sfruttando gli aiuti del Recovery e coinvolgendo gli operatori dell’energia, imitando quanto fatto da francesi e tedeschi con Total”, ha infatti aggiunto Giorgio Airaudo. “Perché non potrebbe farlo anche con Stellantis? Per la sede della giga-factory italiana, Mirafiori potrebbe poi avere ulteriori chance grazie alla ricerca del Politecnico di Torino, con cui potrebbe nascere un progetto su come riutilizzare per la città la parte non più produttiva”, ha concluso.

Le problematiche da considerare sono molteplici, ma su questo punto il saper fare di Carlos Tavares potrebbe risultare di aiuto. L’attesa del piano industriale, che dovrebbe arrivare comunque entro la fine del 2021, dovrebbe chiarire molteplici condizioni. Sicuramente c’è da ottimizzare, ma le parole sui costi espresse da lui stesso fanno tremare lavoratori e sindacati. Se poi le possibilità legate all’elettrico dovessero saltare, allora ci sarà da porsi qualche domanda ulteriore.

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