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Stellantis: la grande importanza degli stabilimenti del Mezzogiorno

Il Corriere del Mezziogiorno ha analizzato l’attuale situazione, discutendo dell’importanza che rivestono gli stabilimenti del Meridione

Stellantis

Stellantis non smette di far parlare di sé. Dopo circa tre settimane dall’effettiva concretizzazione della fusione fra FCA e PSA, i nodi da sciogliere riguardanti il nostro Paese sono ancora parecchi. Tra quelli più interessanti c’è sicuramente la gestione e il futuro degli stabilimenti italiani: un passaggio fondamentale in questa direzione è stato rappresentato sicuramente dalle visite che il CEO del nuovo super gruppo, Carlos Tavares, ha voluto mettere in pratica sin dal suo primo momento di azione in Stellantis.

Parecchio interessante in tal senso risulta un’analisi apparsa sul Corriere del Mezzogiorno oggi. Il fatto che la gestione propenda verso la compagine francese, pare non rappresenti un reale motivo di preoccupazione. Ma se ne dovranno chiaramente analizzare le possibili implicazioni future, soprattutto per quegli stabilimenti produttivi del Mezzogiorno che chiedono costanti risposte.

Fusione necessaria

È ormai chiaro a tutti che la fusione tra FCA e PSA ha rappresentato un passaggio fondamentale, di cui probabilmente non si poteva più fare a meno. Il modello applicato da FCA e PSA rappresenta un prodotto già visto in ambito automobilistico nel recente passato, a cominciare proprio dalla fusione che ha portato ad esempio alla nascita stessa di FCA secondo una “condizione necessaria per poter continuare ad essere protagonista di un mercato mondiale che si avvia verso una configurazione industriale guidata da pochi grandi gruppi in concorrenza oligopolistica tra loro”, si legge sul Corriere del Mezzogiorno.

Sappiamo bene che la somma dei fattori che producono l’assetto finanziario di Stellantis dice che l’intera fusione risulta a trazione francese, ormai questo è assodato ma “nel caso di una grande corporation il riferimento a una qualche appartenenza nazionale potrebbe sembrare poco significativo. E in parte sicuramente lo è”, prosegue Claudio De Vincenti sul Corriere.

Di certo, se in Stellantis compare una forte partecipazione dello Stato francese lo stesso non si può dire per quello italiano nonostante il settore automotive (a cominciare proprio da FCA e dalla filiera) muove in Italia gran parte dell’economia nazionale. “Particolarmente grave con riferimento al Mezzogiorno, dove si trova il 37% degli addetti alla produzione di autoveicoli e il 20% dei lavoratori della componentistica, e dove la filiera dell’automotive costituisce, insieme con altre (come le 4A+Pharma analizzate negli studi di Srm), la parte più dinamica dell’economia meridionale”, si scrive giustamente sul Corriere del Mezzogiorno.

L’elettrificazione

Sulla questione insiste un piano industriale di FCA che prevedeva 5 miliardi di investimenti proprio destinati agli stabilimenti di Cassino, Melfi e Pomigliano d’Arco per avviare una concreta modernizzazione in direzione elettrica. Allo stesso tempo ulteriori attività di potenziamento erano previste per lo stabilimento di Atessa.

“Può esserci il rischio che questo percorso si interrompa, mentre esso va caso mai potenziato. Sappiamo che Peugeot è in vantaggio rispetto a Fca nella mobilità elettrica e ibrida, mentre Fca è più avanti sulla guida autonoma: la partita che si apre ora è quella di far prevalere un interesse reciproco a sviluppare queste tecnologie in modo equilibrato tra tutti gli stabilimenti del nuovo gruppo. Ed è qui che la politica industriale può e deve finalmente svolgere il suo ruolo: sta al Governo italiano rendere attrattivo investire nel nostro Paese, curando (senza stupide penalizzazioni) la transizione graduale verso la mobilità sostenibile, incentivando ricerca e sviluppo, rafforzando la logistica. E sta al Governo italiano sollecitare una politica industriale europea che, nel quadro del Green Deal, assicuri le condizioni affinché i produttori europei giochino al meglio la loro partita nell’arena globale”, si suggerisce sul Corriere del Mezzogiorno.

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