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Mercato auto elettriche: profitti a rischio

In una ricerca Alix Partners segnala le criticità

Mercato-auto

Il mercato auto vive un paradosso. Sempre più Costruttori puntano sull’elettrico e nel 2023 raggiungeranno complessivamente la cifra di 225 miliardi di dollari, con una gamma nel Vecchio Continente che dagli attuali 62 (ibridi plug-in ed elettrici) supererà quota 230. Eppure, la penetrazione resta per ora limitata e il drastico calo delle motorizzazioni diesel ha favorito i veicoli a benzina.

Su questi ritmi, conseguire gli obiettivi di emissioni medie delle flotte stabiliti per il 2020 (95 gr CO2/km) e il 2025 (81 gr/km) saranno difficilmente raggiungibili, il che inciderà in senso negativo sui conti delle Case. Il processo di “elettrizzazione” potrebbe ridurre del 20% i ricavi per concessionarie e officine di autoriparazione. Le vetture elettriche presentano, infatti, costi e frequenza di manutenzione decisamente inferiori.

Mercato auto: deserto del profitto

La quota stimata dei propulsori diesel nel 2025 in Italia sarà pari al 36 per cento e nel 2030 toccherà il 16%. Una discesa interamente a vantaggio delle varianti ibride, mentre le elettriche si attesteranno all’8% (13% prendendo in considerazione pure le plug-in). È quanto indica Alix Partners, società globale di consulenza aziendale, nel prospetto intitolato “Nuova mobilità, vecchie sfide”. L’indagine evidenzia come l’industria automotive si accinga ad attraversare “un deserto del profitto”, dettato: dall’impegno economico per il passaggio all’elettrico e alla guida autonoma; dagli obiettivi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica: e del rallentamento dei mercati cruciali in prospettiva globale. A fare il quadro della situazione Dario Duse, Managing Director, durante il tradizionale vertice con la filiera della mobilità organizzata a ridosso di #FORUMAutoMotive, il forum sui temi inerenti alla mobilità a motore creato e ideato dal giornalista Pierluigi Bonora.

La sedicesima edizione del Global Automotive Outlook di AlixPartners si sofferma sulle principali tendenze attuate nell’industria automotive mondiale e sulle potenziali vie di sviluppo, mettendo in debito risalto come il comparto stia per riscontrare un “deserto del profitto”, dato il doppio effetto della ingente spesa per i programmi di nuova mobilità (C.A.S.E. Connected Autonomous Shared Electrified). I profitti dei brand hanno già dato segno negativi e da qui al 2023 potrebbero ulteriormente ridursi in modo rilevante, mentre il sistema ha dato avvio a una fase di ristrutturazione che si ipotizza acceleri soprattutto per quanto riguarda i fornitori non operanti nelle nuove tecnologie e negli stabilimenti produttivi dei motori termici.

Tagli di ricavi e margine lordo

Come già sottolineato in apertura, la rivoluzione elettrica andrà globalmente a influire in misura non indifferente sui concessionari. Sulle officine di riparazione subiranno un taglio dei ricavi e del margine lordo fino al 20 per cento. Il 35% della manutenzione pianificata per i mezzi odierni (con unità a benzina o gasolio) sparirà nel medio-lungo periodo con l’elettrificazione progressiva del parco circolante. Affinché mantengano la redditività, rimarca lo studio, i concessionari dovranno analizzare criticamente la propria struttura dei costi attuali e cercare nuove fonti di reddito.

Con il mercato auto italiano posto in primo piano, il documento ipotizza vendite sostanzialmente stabili a 2 milioni e 100 mila unità. E se lo scorso anno il 51 per cento delle auto vendute nel Belpaese erano a gasolio, già nei primi mesi del 2019 la quota dei diesel è scesa sotto al 45% favorendo i benzina. I diesel nel 2025 non incideranno più del 36 per cento. E continueranno a perdere peso negli anni seguenti, tanto da attestarsi sul 16% nel 2030. Trarranno però beneficio le motorizzazioni ibride, le elettriche invece rappresenteranno ancora una nicchia, calcolata nell’8 per cento delle nuove immatricolazioni.

Nuovi costi legati alla trasformazione del business

“Stiamo iniziando a vedere gli effetti della più grande rivoluzione dell’industria dell’Automotive che arriverà proprio mentre il settore sembra già nella fase di recessione ciclica. Si tratta di acque inesplorate per gli operatori e per superarle con successo è necessario essere proattivi e audaci”, afferma Dario Duse, Managing Director di AlixPartners e co-leader europeo del team Automotive and Industrial di AlixPartners.

“Due sono le sfide principali che l’industria sta cercando faticosamente di risolvere. La prima è rappresentata dal rebus dei nuovi costi legati alla trasformazione del business, sviluppando soluzioni alternative che consentano di attraversare il “deserto del profitto” guidato dalla combinazione di trasformazione tecnologica, normativa e stagnazione della domanda”, commenta Dario Duse, Managing Director di AlixPartners.

Rompere col passato

“La seconda, il raggiungimento degli obiettivi dei limiti delle emissioni imposti dall’Europa entro il 2030 – conclude Duse –. Obiettivi, a nostro avviso, estremamente ambiziosi rispetto al punto di partenza dei livelli medi di emissioni: oggi il livello medio in Europa è pari a 118 gr di CO2 per km, con una curva di diminuzione che è frenata anche dalla riduzione delle motorizzazioni Diesel. Gli obiettivi a 95 gr CO2 per km del 2020 e ancor di più gli 81 e 59 gr CO2 per km previsti per il 2025 e 2030 possono essere avvicinabili solo attraverso una forte discontinuità rispetto al passato, il che implica un aumento molto rilevante dei veicoli elettrificati che oggi hanno margini negativi o bassi”.

“Non siamo che all’inizio della trasformazione dell’industria: nei prossimi 3-5 anni serviranno almeno altri 225 miliardi di dollari per l’elettrificazione e circa 50 per la guida autonoma. Sono investimenti enormi per i costruttori e un’opportunità da valutare con attenzione per i fornitori, la cui profittabilità rimane maggiore ma comunque in declino“, aggiunge Dario Duse. Che ha aggiunto “i players che operano in Europa e in Italia, poi, dovranno fare i conti con il crollo della domanda di motorizzazioni Diesel che è ormai ben visibile in Europa e più recentemente anche in Italia. In un contesto dove il numero di partnerships, M&A e sviluppi congiunti sono in crescita esponenziale in ambito C.A.S.E. (da 270 a più di 420 partnerships negli ultimi 12 mesi), l’Italia e l’Europa in generale possono continuare a giocare un ruolo importante anche in un contesto complessivo sfidante come quello dei prossimi anni”.

L’Italia seguirà i trend dell’Europa occidentale

“Il mercato italiano seguirà i trend dei paesi dell’Europa occidentale: sostanziale stabilità dei volumi, continuo calo del Diesel (seppur con lieve ritardo rispetto agli altri) e continuo spostamento di mix veicoli verso piccole e medie SUV con peso e resistenza aerodinamica maggiori, il che – in assenza di uno svecchiamento significativo del parco circolante – renderà difficile ridurre i livelli emissivi di CO2 nel breve. Guardando al 2030, i limitati investimenti, la strutturale onerosità dello sviluppo delle infrastrutture di ricarica nei nostri centri urbani e il costo dell’energia elettrica potrebbero limitare la diffusione di veicoli elettrici e plug-in a livelli sensibilmente inferiori alla media europea (33% di veicoli ibridi plug-in ed elettrici, contro una media europea del 40%)”, conclude Dario Duse a proposito del mercato auto italiano.

Affiorano i limiti dell’Unione Europea nel mercato auto

“Alla luce dei dati illustrati da AlixPartners, società globale che da sempre ci è vicina – commenta il giornalista Pierluigi Bonora, promotore di #FORUMAutoMotive – emerge in modo lampante che chi legifera lo fa senza tenere conto della realtà. In pratica, i provvedimenti vengono sempre più spesso presi sull’onda dell’emotività e fortemente contagiati dalla demagogia. E così, se da una parte si cerca di accelerare sul fronte delle motorizzazioni elettriche, dall’altra si rischia di creare non pochi danni all’industria dell’auto. E a pagare il “deserto di profitti”, palesato dallo studio di AlixPartners, sono e saranno soprattutto i lavoratori.

Le rivoluzioni si fanno, ma per gradi e soprattutto all’insegna della realizzabilità nei tempi indicati. L’industria è pronta ad affrontare la svolta, e lo dimostra nel concreto tutti i giorni aggiungendo sempre quel qualcosa in più, ma è il resto che procede al rallentatore, per vari motivi, nel recepire il cambiamento. E qui affiorano nuovamente i limiti di questa Unione europea, dove tutti vanno ancora per proprio conto e non esiste, anche nell’ambito della mobilità “green”, una volontà comune e basata su come procedere in mondo omogeneo. Non è da sottovalutare l’allarme lanciato da AlixPartners”.

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